Nulla è più fatale alla felicità che il ricordo della felicità stessa.

 

 


 

Il Bebop 

 

All'inizio degli anni Quaranta le grandi orchestre di jazz (a parte le bands del Southwest orientate verso il blues, Ellington e i musicisti fedeli alla vecchia tradizione di New Orleans) erano state inesorabilmente condizionate dall'intervento dei bianchi, subendo un inevitabile processo di commercializzazione. A questo punto la frattura tra i neri che era già andata delineandosi negli anni precedenti divenne ancor più chiara: da una parte coloro che vivevano ancora tra privazioni e sottomissione (la gente del blues, definita da Ralph Ellison (1914 - 1994) «quelli che non si discostarono dalla loro esperienza popolare e la accettarono»), dall'altra i neri ormai appartenenti alla borghesia che avevano perso buona parte delle usanze e della sensibilità artistica tipiche della loro tradizione. 
In un simile contesto si dimostrò che il patrimonio musicale di origine afro-americana poteva essere conservato ed immesso in una più ampia tipologia di espressione, che il jazz poteva acquisire una dimensione prettamente «americana» unita ad una utilità commerciale e, contemporaneamente, rispecchiare la ampliata
prospettiva sociale del negro di città nel periodo successivo alla grande crisi economica che colpì gli Stati Uniti tra il 1929 e il 1933
Avvenne così che il nero borghese, ricordando la schiavitù e i periodi di grande povertà ed isolamento dal mondo dei bianchi con un senso di vergogna, finì inesorabilmente per rifiutare il vecchio blues che, in qualche modo, gli ricordava i tempi passati. A tal proposito è eloquente quanto scriveva Ernest Ansermet (1882 - 1969) nel
1918 a proposito delle fonti ispiratrici del blues: 


«il blues nasce quando il negro è triste, quando è lontano da casa, lontano dalla madre o dall'innamorata. Allora pensa a un motivo o a un ritmo preferito e prende il trombone o il violino o il banjo o il clarino o il tamburo, oppure canta o semplicemente si mette a ballare. E su quel motivo scandaglia le profondità della sua immaginazione. Questo gli fa passare la tristezza: è il blues».

Fu proprio la volontà di mettersi alle spalle la tristezza da parte dei neri borghesi ad alimentare il continuo infittirsi di comunicazioni con l'America bianca.

Ma, in quanto espressione di una America capace di essere celebrata, il jazz più commerciale non poteva rappresentare gli stati d'animo di una parte della nazione che doveva giornalmente fare i conti con atti di negazione della dignità umana, avallati anche dalle leggi oppressive imposte su tutto il Sud degli Stati Uniti. La musica nera più significativa, coerente con la storia e la cultura di coloro i quali l'avevano creata, vera espressione popolare di una gente oppressa, viveva «segreta», nella stessa segregazione cui quella gente era costretta.

 


 

L'avventura dei neri in America 

 

Nei primi decenni del XVI secolo, all'indomani della scoperta dell'America, i sempre più  numerosi conquistadores cristiani che ripercorsero dalla Spagna la via delle caravelle di Colombo, non ebbero grosse difficoltà ad impossessarsi delle coste americane e dei territori che, fino al loro arrivo, formavano gli imperi azteco e inca, grazie anche all'arretratezza tecnica e militare degli indios d'America. 

L
o sfruttamento dei fertili terreni e delle ricche miniere d'oro e d'argento, dopo il depredamento delle ricchezze monumentali, fu subito praticato su larga scala. L'unico problema che si pose fu quello della manodopera: gli indios non reggevano alle fatiche del lavoro della terra così come era organizzato dai conquistatori europei, non riuscivano ad adeguarsi al lavoro forzato per l'estrazione dei metalli, la loro mortalità era elevata e le fughe numerose. Fu così che, già nel
1502, Spagna e Portogallo si accordarono per una soluzione: gli egemoni neri dell'Africa vennero indotti a dirottare sulle navi portoghesi dirette in America il secolare traffico di schiavi che una volta si dirigeva verso il Mediterraneo. I neri, fisiologicamente più forti, si adattarono al duro lavoro e trovarono in America un ambiente che, nonostante la durezza del regime schiavistico, ne favorì la riproduzione. Nell'America colonizzata, quindi, venne a crearsi un vero e proprio sistema feudale in cui una classe relativamente ristretta di bianchi (i creoli), entrata in possesso di diritti su terre e persone, dominava una massa di miseri e arretrati indios semiliberi e di schiavi neri e meticci.

La presenza nera in America divenne sempre più numerosa e il
1619 costituisce un utile punto di partenza storico come data del primo massiccio trasferimento di uomini di colore nelle terre colonizzate visto che, fino a quel punto, i neri erano deportati per svolgere lavori occasionali finiti i quali spesso venivano uccisi. Dopo il 1619 gli africani occidentali costituivano circa l'85% degli schiavi importati in America, ma non potevano certo considerarsi degli americani: erano costretti a svolgere i lavori più duri e non avevano, a livello umano, nessuna possibilità di comunicare con i loro padroni e con tutto il mondo bianco che li circondava. E' da questa situazione che il nero ha dovuto ricercare la sua dimensione in America, attraverso una alternanza di conquiste e delusioni che hanno caratterizzato la sua esistenza nel Nuovo Mondo.

Nel Settecento il numero degli schiavi continuò ad aumentare fino a costituire, alla vigilia della Rivoluzione Americana, più del 30% della popolazione totale. Dalla Rivoluzione Americana (scoppiata per liberarsi dalla tirannia inglese) al 1793, anno in cui fu inventata la macchina per separare le fibre di cotone dai semi, si sviluppò negli Stati dell'estremo Sud e del South Carolina una notevole opposizione alla schiavitù e al commercio degli schiavi, tanto che il 24 ottobre 1774 il Congresso Continentale stabilì che dal 1 dicembre di quell'anno gli schiavi non potessero essere né importati, né acquistati. 
Purtroppo ciò che aveva stabilito il Congresso Continentale fu solo parzialmente rispettato e la situazione generale non cambiò in maniera determinante. Nel
1775 si costituisce la prima associazione antischiavista e durante gli anni successivi gli Stati del Rhode Island, del Connecticut e della Pennsylvania approvano leggi tendenti alla progressiva abolizione della schiavitù

Dal
1793, con la nascita e il progressivo sviluppo del cosiddetto Regno del Cotone, gli schiavi neri furono impiegati essenzialmente per i lavori nei campi e la tendenza all'abolizione della schiavitù negli Stati del Sud subì una inversione di tendenza vista la crescente necessità di manodopera. 

Ai primi dell'Ottocento la Nuova Inghilterra poteva ormai competere con i paesi europei nella produzione e nel commercio di cotone, ma i neri versavano ancora nelle stesse condizioni e furono anche utilizzati nelle piantagioni di canna da zucchero nella Louisiana. Ci si trovò, in definitiva, in una situazione paradossale: spesso venivano approvate in vari Stati leggi contro la schiavitù, ma raramente erano applicate e nel XIX secolo anche i neri teoricamente liberi del Nord (circa 225.000 nel 1860) erano sottoposti a notevoli limitazioni.

L'Ottocento, comunque, fu il secolo nel quale i neri cominciarono ad organizzarsi in maniera più competitiva per combattere l'oppressione, tanto che le rivolte degli schiavi andarono aumentando notevolmente, causando spesso perdite economiche e di vite umane tra i bianchi. Un momento importante per gli schiavi fu la Guerra Civile scoppiata nel 1861 che oppose il Sud agricolo dove proliferava la schiavitù al Nord industriale. La vittoria dei nordisti portò alla emancipazione dei neri del Nord che ebbero una parte considerevole in quel successo: circa 186.000 soldati di colore presero parte a 198 fra battaglie e scaramucce, subendo la perdita di 68.000 unità tra morti e feriti. 

Il
1 gennaio 1863, in qualità di comandante in capo dell'Esercito e della Marina, Lincoln (1809 - 1865) proclamò ufficialmente l'emancipazione degli schiavi e il 18 dicembre 1865 venne abolita la schiavitù in ogni parte degli Stati Uniti. 

Tra il
1869 e il 1877 due negri entrarono al Senato degli Stati Uniti e quattordici alla Camera e nel 1875 la Terza Legge sui diritti civili dispose che ogni persona entro i confini degli Stati Uniti aveva diritto ad 

«usufruire pienamente ed egualmente delle concessioni, agevolazioni e privilegi di alberghi, trasporti pubblici sia terrestri che marittimi, teatri ed altri luoghi di divertimento pubblico, sottoponendosi soltanto alle condizioni ed alle limitazioni stabilite dalla Legge, ed egualmente applicabili ai cittadini di ogni razza e colore, indipendentemente da precedente condizione di servitù».

Dopo qualche anno di tregua politica, la questione venne riaperta dal presidente Benjamin Harrison (1833 - 1901) il quale, nel primo messaggio al Congresso (3 dicembre 1889), affermò chiaramente di non nutrire molte speranze che il Sud avrebbe potuto garantire alle persone di colore i diritti politici e civili. Fortunatamente i progetti politici di Harrison, grazie a forti opposizioni, non furono portati a termine e, al contrario, negli ultimi anni del XIX secolo si sviluppò una maggiore capacità di coesione tra bianchi e neri.

Nonostante tutto, però, la popolazione di colore continuava in generale ad occupare una posizione marginale nel contesto sociale americano e per un negro era ancora molto difficile aspirare ad occupare un posto di rilievo nella società che, in una situazione di crescente industrializzazione, evitava di inserire i neri nelle fabbriche.

Le precarie condizioni economiche e le intimidazioni, le frodi, le violenze con le quali si impediva agli uomini di colore di votare, avevano provocato nel
1879 un esodo di negri dal Sud verso il Kansas e verso alcuni altri Stati, seguito da migrazioni negli anni successivi che non servirono, però, a trovare situazioni incoraggianti. 

Ai primi del Novecento, quindi, la maggior parte dei contadini neri, a parte il bene prezioso della libertà, non erano nel Sud degli Stati Uniti in condizioni molto migliori di quelle in cui versavano ai tempi della schiavitù ed erano spesso sottoposti a veri e propri linciaggi. Dalla fine dell'Ottocento all'ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale due forze contrarie diedero forma alla vita nei negri. Una di queste forze, il consolidamento del fenomeno della privatizzazione dei diritti elettorali e della segregazione nel Sud, li spinse più in basso di quanto fossero mai stati; l'altra, la rivolta degli intellettuali neri appoggiati dai liberali del Nord, li trasse verso l'uguaglianza politica, culturale, economica e sociale. E' in questo contesto che si ci avvicina al primo conflitto mondiale nel quale il contributo nero all'esercito americano fu rilevante e al termine del quale una parte della popolazione di colore cominciò ad inserirsi con maggiore profitto nelle maglie della civiltà bianca ed un'altra, che viveva ancora tra mille stenti, iniziò a ribellarsi in modo sempre più pressante.   

Le speranze nere subirono un altro duro colpo con la grande crisi del 1929 dovuta al crollo della Borsa che fece perdere il lavoro prima degli altri alla gente di colore la quale dovette tirare avanti grazie a miseri sussidi per la disoccupazione. Solo nel 1935 cominciarono ad essere di nuovo offerti posti di lavoro anche ai neri ormai americanizzati, ma nel periodo che porta agli anni Quaranta i negri del Sud ancora non pronto avevano trovato una dimensione soddisfacente in terra statunitense ed il Bebop era ormai a far sentire la propria voce. 

Negli anni Quaranta l'espressione più attuale della tradizione musicale afro-americana era quella urbana, sviluppatasi nel contesto della vita dei negri nelle grandi città industriali. La figura del negro, intanto, era andata via modificandosi e, se la Prima Guerra Mondiale e la depressione avevano dato vita al negro moderno, il periodo a cavallo della Seconda Guerra Mondiale provocò un cambiamento ancor più radicale nella sua psiche. Ad esempio, la partecipazione delle «Unità Negre» delle forze armate americane alla Seconda Guerra Mondiale fu molto più cospicua rispetto alla prima e, soprattutto, il loro ruolo fu decisamente più rilevante, tanto che, in molti casi, furono schierate al fianco delle unità bianche. 

Le cifre ufficiali della NAACP
(National Association for the Advancement of Colored People), a tal proposito, parlano chiaro: nella Prima Guerra Mondiale c'erano 404.348 soldati e 1.353 ufficiali negri, nell'ultima guerra i soldati furono circa 905.000 e gli ufficiali circa 8.000. Si evince da tali cifre che, se il numero dei soldati era poco più che raddoppiato, quello degli ufficiali era aumentato di quasi sei volte, a testimonianza della crescente presenza di gente di colore in posti di particolare responsabilità. I negri stavano sviluppando sempre più il senso di partecipare alla società, e ciò non riguardò solo la borghesia come dimostrato dalla quasi canonizzazione di Dorie Miller (uno dei primi negri morti in guerra a Pearl Harbor) che coinvolse quasi tutti i neri della nazione.

Il mondo al di fuori dell'America si rivelò al popolo negro grazie al carattere spiccatamente internazionale che ebbe la Seconda Guerra Mondiale. Anche la musica non rimase insensibile all'evento e nacquero diversi blues sulla guerra interpretati da vecchi cantanti. 
Tra le comunità negre era molto popolare la canzone «Are you ready?» che esaltava l'eroismo dei negri in guerra e che, proprio nel titolo, contiene una espressione che cominciava ad essere sempre più usata tra i negri di quei tempi per significare «Sei pronto?» (ad entrare nell'America bianca), mentre l'espressione «non è pronto» acquisiva un significato spregiativo ed era adoperata da certe persone di colore autonominatisi guardiani delle convenzioni sociali bianche nei riguardi dei negri più volgari. Anche gli stipendi che i neri ottenevano lavorando nelle varie industrie belliche sparse nella nazione non erano da disprezzare e l'arsenale di New Jersey, in particolare, era considerato un luogo dove si poteva fare molto denaro.

Ma la accresciuta conoscenza e consapevolezza da parte dei negri del contesto sociale in cui vivevano, finì per alimentare un risentimento sempre meno controllabile nei riguardi delle ingiustizie sociali che continuavano ad essere imposte. In particolare i giovani tornati dalla guerra, dopo aver messo a repentaglio la vita per la nazione, dovevano scoprire di essere ancora considerati appartenenti ad una specie subumana in una America che li tollerava solo finché rimanevano al loro posto. Erano riusciti a guadagnare di più nelle attività connesse al tempo di guerra, ma al termine della stessa erano tornati nei ghetti della grandi città statunitensi.

Il malcontento e la rabbia sfociarono sempre più spesso in episodi di violenza razziale e, ripetendo un fenomeno già avvenuto durante e dopo la Prima Guerra Mondiale, rivolte sanguinose scoppiarono in tutti gli Stati Uniti. La più rilevante fu, probabilmente, la rivolta di Harlem avvenuta nel 1943, durante la quale i neri ruppero vetrine e finestre delle proprietà bianche della zona e minacciarono i poliziotti. Altre rivolte, come quella di Cicero (un sobborgo di Chicago), trassero origine dalla volontà di alcuni negri di acquistare delle case col loro denaro.

Intanto, come trent'anni prima, si verificarono grandi migrazioni verso il Nord, provocando analoghe rivolte a Detroit e Newark. Sorsero movimenti sociali che sfociarono nella formazione di organizzazioni per combattere le disuguaglianze come ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Una delle più efficaci fu, nel 1941, il movimento March-on-Washington, i cui componenti minacciarono di marciare sulla capitale in caso di mancata inclusione nel Programma per la Difesa, provocando la firma da parte del presidente Franklin D. Roosevelt (1933-1945) dell'ordine esecutivo che avrebbe dovuto impedire ai fornitori del governo di praticare la discriminazione. Lo stesso comitato che aveva dato vita al movimento March-on-Washington riuscì ad ottenere, successivamente, l'istituzione del Fair Employment Practices Committee, organo incaricato di garantire eque assunzioni.

L'aumentato tenore di vita dell'americano negro in quegli anni è testimoniato anche dalla maggiore percentuale dei negri che terminavano gli studi nelle scuole superiori e che riuscivano ad accedere al college, anche per merito delle provvidenze sull'istruzione contemplate dal «G.I.Bill», la legge per l'esercito. 
Nel Sud, per esempio, «nell'anno
1933-34, solo il 19% dei bambini negri in età da frequentare le scuole superiori le frequentava» [1], mentre solo sei anni dopo, nel 1940, la percentuale era salita al 35% (sempre nel Sud). 

Edward Franklin Frazier (1894 - 1962) rileva anche che, sempre nel
1940, «circa doppio rispetto alle città del Sud era il numero di negri delle città settentrionali che avevano ricevuto da uno a quattro anni di istruzione superiore».

In definitiva, negli anni della grande guerra e nel periodo immediatamente successivo si realizzarono nuovi attacchi all'ingiustizia sociale ed economica legalizzata. Il periodo di caos economico verificatosi durante la depressione degli anni Trenta era stato durissimo per i negri i quali, impegnati nella lotta per la sopravvivenza, avevano momentaneamente smarrito parte del loro slancio contro le ingiustizie sociali. Ma, attorno al 1945, la rabbia, la voglia di far valere i propri diritti, rafforzate dalla consapevolezza di essere diventati comunque determinanti nella vita americana, tornarono a farsi sentire, denunciando quel senso di oppressione che aveva ormai raggiunto livelli di irreversibilità.

 


 

Il Jazz prima del Bebop 

 

Il jazz fece la sua apparizione nei primi anni del Novecento, ma aveva una preistoria già secolare: i suoi diretti antecedenti si possono infatti rintracciare nel folklore musicale dei neri nel Sud degli Stati Uniti della seconda metà del XIX secolo e i suoi presupposti nei primitivi canti che i braccianti neri intonavano nelle piantagioni nei tempi lontani della schiavitù. Tipici del periodo precedente la nascita del jazz sono i canti collettivi (work songs) che aiutavano gli uomini di colore nelle fatiche quotidiane, scandendo il ritmo dei loro lavori e che, spesso, erano caratterizzati dalla forma responsoriale (alternanza di frasi solistiche e risposte corali) che influenzò non poco la musica nera. I canti divennero via via più articolati e complessi, trasformandosi in spirituals e jubilees (di argomento religioso) e in ballads e blues (di carattere profano). Sarà proprio il blues, canto in cui è rispecchiata la squallida esistenza del nero ai margini della società e nel quale si fusero sempre più motivi melodici e ritmi di chiara origine africana, a svolgere un ruolo rilevante nella nascita e nella crescita del jazz.

Il jazz comincia ad essere un movimento artistico autonomo dal momento in cui, intorno al 1900, i blues vocali divennero anche strumentali e furono inseriti nel repertorio delle fanfare di New Orleans (città nella quale il jazz nasce e muove i primi passi) assieme a spirituals e pezzi di ragtime. Determinante per la definizione del linguaggio del primo jazz fu, tuttavia, l'adozione da parte dei neri degli strumenti musicali lasciati un po' dovunque, nel Sud, dagli eserciti che avevano combattuto la Guerra di Secessione: cornette, trombe, clarinetti, tromboni, bassi-tuba e tamburi
Grazie ai bassi costi di questi strumenti si costituirono numerose fanfare (
brass bands) che divennero, nei primi anni del Novecento, uno dei più tipici elementi di colore della città di New Orleans. Le più apprezzate erano la Excelsior Band (di George Baquet, clarinetto, New Orleans 1883 - 14 gennaio 1949), la Tuxedo Band (di Oscar "Papa" Celestin, Napoleanville, 1 gennaio 1884 - 15 dicembre 1954), la Imperial Orchestra (attiva dal 1901 al 1908) (di Manuel Perez, cornetta, New Orleans 28 dicembre 1873 - 1946), la Superior Band e le diverse Reliance Brass Bands (1885 circa) (di "Papa" Jack Laine, New Orleans, 21 settembre 1873 - 1 giugno 1966).

 



In queste bands e nelle orchestrine che suonavano nel secondo decennio del Novecento nelle sale da ballo e nei cabarets di New Orleans militavano i pionieri della musica jazz, tra i quali i cornettisti Charles "Buddy" Bolden (cornetta, New Orleans, 6 settembre 1877 - 4 novembre 1931), Freddie "King" Keppard (cornetta, New Orleans, 27 febbraio 1890 - 21 dicembre 1933), Joe "King" Oliver (cornetta, New Orleans, 11 maggio 1885, 10 aprile 1938), i clarinettisti Alphonse Picou (New Orleans, 18 ottobre 1880 - 4 febbraio 1961) e Sidney Bechet (New Orleans, 14 aprile 1897 - 14 aprile 1959), il pianista Ferdinand "Jelly Roll" Morton (nato Ferdinand Lamothe, New Orleans, 20 ottobre 1890 - 10 luglio 1941), il trombonista Edward "Kid" Ory (La Place, 25 dicembre 1886 - 23 gennaio 1973), il batterista "Papa" Jack Laine (New Orleans, 21 settembre 1873 - 1 giugno 1966).

Lo strumento prediletto a livello melodico fu il clarinetto i cui esecutori svilupparono rapidamente una tecnica esecutiva di alto livello solistico.

I componenti delle brass bands e delle orchestrine dell'epoca suonavano quasi tutti ad orecchio e spesso, quando si stancavano di eseguire le loro parti sempre allo stesso modo, le variavano più o meno radicalmente, improvvisando secondo l'estro del momento sulle armonie del tema prescelto: si sviluppò così l'improvvisazione che rimarrà una prerogativa essenziale del jazz e che contribuirà allo sviluppo della tecnica strumentale.

Fino al 1917 il jazz rimase praticamente confinato a New Orleans, nonostante qualche musicista come Jelly Roll Morton si fosse già spinto prima della guerra in California, a Chicago, a New York e in altre città. I campioni di jazz si erano moltiplicati e, accanto ai pionieri, si affermò una seconda generazione di musicisti tra i quali la parte del protagonista principale sarebbe toccata, per oltre vent'anni, a Louis "Satchmo" Armstrong (New Orleans, 1 agosto 1901 - 6 luglio 1971) che, dopo aver imparato a suonare la cornetta in un riformatorio, fu subito conteso dalle migliori orchestre della città fino a diventare uno dei solisti di tromba più innovativi di tutta la storia del jazz. A New Orleans, però, la situazione per i musicisti divenne improvvisamente più difficile: le innumerevoli risse, il crescente numero di delitti spinsero la Segreteria della Marina degli Stati Uniti a ordinare, nel novembre del 1917, la chiusura immediata e lo sgombero di tutte le case di piacere e di gran parte dei locali pubblici. I musicisti che come Oliver e Sidney Bechet erano già partiti alla volta delle grandi metropoli del Nord fecero sapere ai colleghi che a Chicago la loro musica piaceva a molti e così la maggior parte dei musicisti di New Orleans, con il lavoro che scarseggiava, lasciò nel giro di qualche anno la città per trasferirsi nel Nord. 

N
el
1922 King Oliver, che stava ottenendo uno strepitoso successo con la sua Creole Jazz Band, chiamò a Chicago Louis Armstrong con il quale, l'anno successivo, incise i primi dischi. Si può dire che allora sia cominciato il secondo periodo della storia del jazz, quello di Chicago, città dove i numerosi gangster presenti sul territorio contribuirono al proliferare dei locali notturni. A giudizio di molti fu questa l'epoca d'oro della nuova musica americana. Nella città dell'Illinois, infatti, si ritrovarono nei primi anni Venti tutti i migliori musicisti di jazz venuti dal Sud e si cominciarono ad incidere quei dischi che sarebbero diventati classici esempi dello «stile New Orleans». Tra questi si segnalano i dischi delle varie formazioni di Oliver, quelli dei New Orleans Rhythm Kings, le incisioni dei gruppi riuniti in studio d'incisione da Jelly Roll Morton sotto il nome di Red Hot Peppers e, soprattutto, quelli degli Hot Five e Hot Seven di Louis Armstrong. Intanto, grazie all'opportunità di ascoltare i solisti di colore che dominavano nei locali notturni del South Side di Chicago negli anni del proibizionismo, un gruppo abbastanza numeroso di bianchi aveva cominciato ad avvicinarsi a quella musica. Tra i musicisti bianchi residenti a Chicago si affermò in particolare il clarinettista
Benny Goodman (clarinetto, nato Benjamin David, Chicago, 30 maggio 1909 - 20 giugno 1986). Sempre a Chicago si distinsero i pianisti di boogie-woogie ed il trombettista Leon "Bix" Beiderbecke (Davenport, 10 marzo 1903 - 6 agosto 1931).

Oltre a Chicago, che rimane la città più importante del jazz negli anni Venti, New York divenne contemporaneamente un centro di grande importanza per la nuova musica afro-americana grazie all'attività pionieristica del nero James Reese "Jim" Europe (Mobile, Alabama, 22 febbraio 1881) che diresse grandi orchestre di ragtime e lanciò il fox-trot. Qualche anno più tardi nella comunità nera newyorkese, si affermarono alcuni pianisti tra i quali James Price Johnson (New Brunswick, New Jersey, 1 febbraio 1894 - 17 novembre 1955), Willie "The Lion" Smith (Goshen, New York, 25 novembre 1897 - 18 aprile 1973) e il giovane Thomas "Fatz" Waller (New York, 21 maggio 1904 - 15 dicembre 1943) che si distinsero come esponenti di un particolare stile, lo stride piano, in cui si conciliarono il ragtime venuto dal Missouri e il blues, caratterizzato dal poderoso, martellante accompagnamento della mano sinistra impegnata a suonare alternativamente i bassi, note di solito isolate, e gli accordi. 
A New York, tra l'altro, nasce il jazz orchestrale per merito anzitutto di James Fletcher Henderson (Cuthbert, Georgia, 18 dicembre 1897 - 28 dicembre 1952) e del suo primo arrangiatore, Donald "Don" Redman (Piedmont, West Virginia, 29 luglio 1900 - 30 novembre 1964), i quali nel
1924 cominciarono a mettere a punto un primo modello di orchestrazione-esecuzione jazzistica per grande formazione. Gli elementi dell'orchestra non erano più di dieci nelle prime compagini di Henderson, ma andarono gradualmente aumentando sino a comprendere 5 trombe, 5 tromboni, 5 sassofoni e ritmica, realizzando la classica big-band
Nelle orchestre di Fletcher Henderson, con cui nel
1925 militò anche Louis Armstrong, mossero i primi passi molti musicisti che ebbero in futuro un ruolo importante nella definizione del linguaggio del jazz come il trombettista, clarinettista, alto sassofonista, pianista Bennett Lester "Benny" Carter (New York, 8 agosto 1907), strumentista versatile e ottimo compositore e Coleman Hawkins (Sait Joseph, Missouri, 21 novembre 1904 - New York, 19 maggio 1969), uno dei primi suonatori di sax tenore, strumento del quale esplorò a fondo risorse e possibilità tecniche. Tutte le compagini orchestrali che nacquero in quel periodo furono in qualche modo debitrici di Henderson, ma il musicista che più degli altri sviluppò le possibilità espressive della big band fu Duke Ellington (Washington, 19 aprile 1899, New York, 24 maggio 1974) che colse i primi successi, dal 1927 in poi, al Cotton Club, il più elegante cabaret di Harlem frequentato dalla buona società bianca.

Ellington, pianista, direttore e compositore dallo straordinario talento, arricchì il repertorio jazzistico di temi di grande bellezza, nonché di parecchie composizioni di largo respiro in forma soprattutto di suites, conferendo alla sua formazione nei cinquant'anni di ininterrotta attività, uno stile inconfondibile e sempre alla ricerca di innovazioni. Con Ellington il jazz assunse un carattere più spettacolare di quello che negli stessi anni si poteva ascoltare a Chicago.

Quella che può essere considerata l'epoca eroica del jazz si concluse bruscamente, alla fine del 1929, con la grande crisi economica che ridusse in miseria anzitutto la popolazione nera (e quindi gran parte del pubblico del jazz) e che fece sentire subito i suoi effetti sul mondo dello spettacolo. Pochi mesi furono sufficienti a far perdere il lavoro alla maggioranza dei musicisti e, durante gli anni Trenta, l'autentico jazz si poteva ascoltare essenzialmente in qualche grande locale newyorkese (come il Savoy, New York, Lenox Street, e il Roseland, New York, 52nd Street) e nei cabaret grandi e piccoli del quartiere nero di Kansas City, nel Missouri, città nelle quale la vita notturna era più prosperosa che mai essendo protetta dalla amministrazione corrotta facente capo a Tom Pendergast (1872 - 1945), un affarista senza scrupoli. A Kansas City prese forma uno stile di jazz con caratteristiche peculiari, influenzato dal blues ed esaltato da musicisti quali  William "Count" Basie (Red Bank, New Jersey, 21 agosto 1904 - Hollywood, 26 aprile 1984) e il giovane tenorsassofonista Lester Young (Woodville, Mississippi, 27 agosto 1909 - New York, 15 marzo 1959), destinato a un futuro da protagonista.

Con la crisi del 1929 Chicago perse praticamente ogni importanza nella storia del jazz: quasi tutti i musicisti che avevano animato la vita notturna dovettero lasciare la città per cercare fortuna altrove. Riuscirono a cavarsela meglio alcuni musicisti bianchi cui era più agevole l'accesso agli studi di registrazione e radiofonici, tra i quali il clarinettista Benny Goodman, il trombonista Tommy Dorsey (Shenandoah, Pennsylvania, 19 novembre 1905 - Greenwich Connecticut, 26 novembre 1956) e suo fratello Jimmy (Shenandoah, Pennsylvania, 29 febbraio 1904 - 12 giugno 1957), clarinettista e altosassofonista, il trombonista Alton Glenn Miller (Clarinda, Iowa, 1 marzo 1904 - 15 dicembre 1944), tutti attivi a New York nei primi anni Trenta.

Paradossalmente, mentre il jazz attraversava negli Stati Uniti il suo momento di massima difficoltà, in Europa qualcuno cominciò ad interessarsi a questa musica seriamente, pubblicando libri sull'argomento e importando un sempre maggiore numero di dischi che fecero conoscere al pubblico del Vecchio Continente i solisti e le grandi orchestre d'oltreoceano. Da questo momento l'Europa comincerà ad accogliere e apprezzare il jazz che troverà, negli anni successivi, credito ed esecutori in una nuova terra.

Negli Stati Uniti bisogna attendere gli anni successivi al 1935 per dare nuova vita al jazz, momento in cui una grande orchestra costituita e diretta da Benny Goodman ottenne una strepitoso successo, grazie anche agli arrangiamenti di Fletcher Henderson. Clarinettista di eccezionali capacità tecniche, brillante caporchestra e profondo conoscitore dei gusti del pubblico, Goodman divenne in breve un idolo per la gioventù americana la quale non chiedeva altro che una musica eccitante e divertente per dimenticare gli anni della crisi. Sull'esempio dell'orchestra di Goodman altre compagini del genere si costituirono: era ormai cominciata l'era dello swing e del jazz commerciale. Parallelamente all'attività della sua orchestra Goodman esaltò altri piccoli complessi come il trio, il quartetto, il sestetto, nei quali figurarono solisti di classe quali il pianista Teddy Wilson (Austin, Texas, 24 novembre 1912 - New Britain, Connecticut, 31 luglio 1986), il batterista Gene Krupa (Chicago, Illinois, 15 gennaio 1909 - Yonkers, New York, 16 ottobre 1973), il vibrafonista Lionel Hampton (Louisville, Kentucky, 20 aprile 1909) e il chitarrista Charlie Christian (Bonham, Texas, 29 luglio 1916 - New York, 2 marzo 1942). 

Oltre alle già citate orchestre di Ellington e Goodman si affermarono presto le grandi formazioni di Tommy e di Jimmy Dorsey, di Jimmie Lunceford (sax alto, flauto, Fulton, Missouri, 6 giugno 1902 - Seaside, Oregon 12 luglio 1947), di Chick Webb (batteria, Baltimora, Maryland, 10 febbraio 1902 - 16 giugno 1939) , di Artie Shaw (Arthur Arshawsky, 1910) e quella di Count Basie arrivata al Nord da Kansas City nel
1936. In realtà durante l'era dello swing ci furono scritture e applausi un po' per tutti: furono riscoperti i pianisti di boogie-woogie,  furono apprezzati per il loro giusto valore musicisti attivi da tempo come Fats Waller e Art Tatum (Toledo, Ohio, 13 ottobre 1909 - Los Angeles, California, 5 novembre 1956) e venne riesumato il jazz tradizionale di New Orleans e Chicago, ribattezzato dixieland e proposto anche in versione orchestrale. Fu il momento dei primi grandi successi anche per le cantanti di colore Billie Holiday (Philadelphia, Pennsylvania 7 aprile 1915 - New York, 17 luglio 1959) e Ella Fitzgerald (Newpoert News, Virginia 25 aprile 1917 - Los Angeles, California, 15 giugno 1996).

La grande popolarità del jazz in quel periodo ebbe, però, anche qualche effetto negativo: per rendere facile l'ascolto al grande pubblico, molti capiorchestra bianchi ricorsero a scritture di facile effetto, standardizzarono gli arrangiamenti e le improvvisazioni dei solisti. Questi effetti negativi si accentuarono durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale che videro il successo delle compagini di Harry James (Albany, Georgia, 15 marzo 1916 - Las Vegas, Nevada, 5 luglio 1983), Lionel Hampton e, soprattutto, di quella di Glenn Miller, che contribuì a tenere alto il morale delle truppe esibendosi con la sua orchestra dell'Aeronautica sui vari fronti del conflitto.

 


 

L'inizio della rivoluzione: 1940-1941 

 

Il Bebop, che appare nei locali della 52a Strada di New York nel 1944, ovviamente non si materializzò d'un tratto, ma ebbe dei precursori in alcuni solisti affermatisi alla fine degli anni Trenta e un'iniziale gestazione in qualche localino di Harlem dove i bianchi mettevano piede molto raramente. Tra questi locali un'importanza particolare ne ebbe uno ricavato in una sala dell'Hotel Cecil nella 118a Strada Ovest di New York, chiamato Minton's Playhouse dal nome del proprietario Henry Minton, un ex sassofonista; era piuttosto squallido, ma rinacque dal punto di vista artistico dopo che Teddy Hill (Birmingham, AL, 7 dicembre 1909 - Cleveland, 19 maggio 1978), un ex caporchestra, ne assunse la direzione nel 1940.

Teddy Hill, che aveva suonato i vari sax in band condotte da King Oliver e Louis Armstrong ed era autore di varie canzoni e arrangiamenti, non era mai riuscito a brillare in maniera particolare nella sua carriera, ma conosceva tanti musicisti e aveva idee originali. Suggerì ad Henry Minton di mettere su un gruppo fisso per dar via libera alle jam-session e fissò un giorno a settimana (il lunedì, giornata di libertà nel mondo dello spettacolo) nella quale invitare a suonare tutti gli artisti che volevano cimentarsi della notte. «Le notti delle celebrità» al Minton's Playhouse divennero in breve tempo famose in tutti gli Stati Uniti anche per i pranzi che Teddy Hill offriva in queste occasioni e, già nel 1941, il locale otteneva un buonissimo successo diventando il posto dove si andava il lunedì nei primi anni Quaranta e, soprattutto, il luogo della rivoluzione che avrebbe trasformato il jazz.

H
ill prese spunto dallo stile dei locali di Kansas City, città che, come già detto, negli anni Trenta era balzata alla ribalta musicale grazie alla amministrazione corrotta di Tom Pendergast, presentando un solo fiato accanto alla sezione ritmica, con il preciso intento di lasciar posto a chiunque volesse unirsi alla jam-session. Hill aveva intuito che il vecchio jazz stava per finire il suo corso e voleva convogliare al Minton's tutti quei giovani musicisti che tentavano di suonare i loro strumenti in modo innovativo, alternandoli o affiancandoli a nomi già noti. A condurre il gruppo fisso del Minton's Teddy Hill chiamò il batterista Kenny «Klook» Clarke
(Kenneth Spearman; Pittsburgh, 9 gennaio 1914 - Montreuil-sous-Bois, Paris, 26 gennaio 1985) che rimase per primo sorpreso dell'invito, visto che non più di un anno prima aveva fatto crollare l'ultima compagine di Hill dopo aver avuto grandi discussioni col suo caporchestra sul modo di usare la batteria nella musica che la gente chiedeva di poter ballare: Klarke era già alla ricerca di nuove soluzioni. Tuttavia, pensando alle improvvisazioni esplosive di «Klook», Teddy Hill decise di offrirgli una scrittura fissa spiegandogli quale era la finalità di tutta l'operazione al Minton's e quale avrebbe dovuto essere il suo ruolo. Più tardi Klarke disse:

«Dapprima rimasi sorpreso. Dopo aver parlato un po' con lui capii che cosa voleva. Nel 1937 io mi ero già stufato di suonare come Joe Jones. Era ora di cambiare. Spostai allora il ritmo di base dalla percussione del tamburo basso a quello del piatto alto. Scoprii che così potevo ottenere variazioni di tono e di timbro graduando il colpo di bacchetta sul piatto. E oltretutto ero libero di usare il tamburo e i timpani per marcare gli accenti. Stavo tentando di costruire nuovi modelli ritmici sovrapponibili a quelli normali. Gli assoli tendevano ad allungarsi. E i solisti avevano bisogno di un aiuto maggiore dal batterista»
[1].

Lo stesso Kenny Clarke suggerì a Teddy Hill di includere nel complesso Thelonious "Sphere" Monk
(Rocky Mount, North Carolina 10 ottobre 1917 - Weehawken, New Jersey, 17 febbraio 1982), pianista che aveva iniziato la carriera come pianista di un gruppo gospel e che aveva suonato per qualche tempo nelle chiese negre del Sud e del Middle West. In questa fase, caratterizzata da viaggi senza fine nel cuore dell'America più schiavista, Monk teneva viva la sua creatività musicale suonando in qualche jam-session dove poteva. Monk era già afflitto da problemi di eroina come tanti colleghi jazzisti ed aveva già composto brani molto innovativi, caratterizzati da strane (per l'epoca) escursioni in tonalità diverse. Tra questi si segnalamo Blue Monk e 'Round About Midnight. Suonava con uno stile molto personale, con le dita larghe e piatte sui tasti, arrivando a suonare anche dodici suoni contemporaneamente quando usava il pollice per prendere due tasti. Il suo più grande desiderio era quello di uscire dal giro dei gospel, di suonare il jazz che lui sentiva e l'occasione di lavorare al Minton's fu per lui determinante.

A Kenny Clarke e Thelonious Monk (che rappresentano da subito una novità assoluta nel mondo del jazz), furono affiancati il trombettista Joe Guy
(Joseph Luke, Birmingham, 20 settembre 1920 - Birmingham, 1962) e il bassista Nick Fenton per completare il quartetto base al quale poteva unirsi chiunque ne avesse avuto voglia.

Le jam-session del lunedì nel locale newyorkese si configurarono subito come un campo di battaglia per scontri tra jazzisti di varie tendenze dai quali uscivano spesso demolite reputazioni consolidate per lasciare il passo ai giovani «rivoluzionari». Nelle prime session della primavera del 1941 la vecchia guardia deteneva ancora il potere, potendo contare su una formidabile schiera di improvvisatori, solisti di grandi orchestre: i sassofonisti Coleman Hawkins, Ben Webster, Chu Berry, Johnny Hodges, Benny Carter, Willie Smith e Don Byas; i trombettisti Lips Page, Cootie Williams, Charlie Shavers e Harry James; i pianisti Fats Waller, Teddy Wilson, Jess Stacy e Mary Lou Williams. Anche grandi leader come Duke Ellington, Andy Kirk, Count Basie, Artie Shaw, Lionel Hampton e Benny Goodman fecero la loro apparizione al Minton's. Tra gli ospiti del locale, comunque, vanno segnalati per l'impulso dato al rinnovamento del linguaggio jazzistico alcuni musicisti che, a parte i già rivoluzionari Clarke e Monk, possono essere considerati i veri precursori del Bebop: il chitarrista Charlie Christian, il tenorsassofonista Lester Young, il trombettista Roy Eldridge, il pianista Art Tatum ed il bassista Jimmy Blanton.

Live at "Minton's Playhouse" NY, MAY 12, 1941
CHARLIE CHRISTIAN (Guitar)
JOE GUY (trumpet)
KENNY KERSEY (piano)
NICK FENTON (bass)
KENNY CLARKE (drums)

Charlie Christian (Bonham, Texas, 29 luglio 1916 - New York, 2 marzo 1942) faceva parte del gruppo di Benny Goodman (Chicago, 30 maggio 1909 - New York, 13 giugno 1986) e, finito il lavoro con il re dello swing, arrivava tutte le sere al Minton's per partecipare alle session. Suonava la chitarra elettrica, uno strumento praticato ancora da pochi, ed era ammirato incondizionatamente dai colleghi per la sua inesauribile fantasia nelle improvvisazioni dove si succedevano riffs su riffs in una escalation di emozioni senza precedenti. Il suo stile era particolarissimo, caratterizzato da lunghe frasi monodiche (solitamente a crome) la cui struttura e il cui suono erano molto vicini alla sintassi tipica dei sassofonisti. Rispetto ai pionieri della chitarra jazz come Lonnie Johnson (New Orleans, 8 febbraio 1889 - Toronto, 16 giugno1970) e Eddie Lang (Philadelphia, Pennsylvania, 25 ottobre 1902 - 26 marzo 1933) che suonavano frasi molto più spezzettate, Charlie Christian portò la tecnica del suo strumento a livelli altissimi.

Lester Young (Woodville, Mississippi, 27 agosto 1909 - New York, 15 marzo 1959), già attivo nella formazione di King Oliver e nei Blue Devils, capitò nel bel mezzo del mondo del jazz di Kansas City nell'era di Pendergast (1872 - 1945). Non volle imitare lo stile di Coleman Hawkins (St. Joseph, MO, 21 novembre 1904 - New York, 19 maggio 1969) (che sconfisse in una memorabile jam-session svoltasi al Cherry Blossom di Kansas City dando credito e lustro a tutti i musicisti della città che già negli anni Trenta stavano suonando in uno stile sempre più diverso da quello dei colleghi newyorkesi) e spiegò come i modelli che imitava in gioventù fossero alla base del suo suono anche negli anni della maturità. Raccontò in proposito anni dopo:

«Frankie Trumbauer
(Carbondale, Illinois 30 marzo 1901 - Kansas City, MO 11 luglio 1956) e Jimmy Dorsey erano i due grandi rivali dell'epoca e, alla fine, io mi resi conto che mi piaceva Frankie Trumbauer. Trumbauer era il mio idolo. Quando avevo cominciato a suonare comperavo tutti i suoi dischi. Credo di essere ancora capace di suonare i suoi assoli che avevo imparato da quei dischi. Suonava il C Melody sax. Io cercai di ottenere sul sassofono tenore il suono di un C Melody sax. Questa è la ragione per cui il mio suono è diverso da quello degli altri. Trumbauer sapeva sempre raccontare una piccola storia. E mi piaceva il modo in cui sfiorava le note. Anzitutto esponeva la melodia, e poi suonava attorno alla melodia»[2].

Le scelte artistiche di Lester Young si dimostrarono indovinate, tanto che le frasi dei suoi assoli diventeranno un esempio da imitare per tutti i ribelli del Bebop.

Roy Eldridge (Pittsburgh, Pennsylvania 30 gennaio 1911 - Valley Stream, NY 26 febbraio 1989), dopo aver iniziato la carriera suonando in complessi di non grande rilevanza, formò la sua personalità artistica tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta ispirandosi ai trombettisti Red Nichols (Ogden, Utah 8 maggio 1905 - 28 luglio 1963) e Rex Stewart (William, Philadelphia, 22 febbraio 1907 - Los Angeles, 7 settembre 1967), ma soprattutto ai sassofonisti Coleman Hawkins e Benny Carter (Bennett Lester, New York, 8 agosto 1907) dei quali cercò di riprodurre sulla tromba il veloce e articolato fraseggio. Determinante per la sua crescita artistica fu anche l'ascolto di Louis Armstrong che colpì Eldridge per la sua capacità di suonare con grande tensione senza usare molte note. Fu proprio la capacità di combinare le peculiarità dei musicisti sopra citati, si alternare velocità di esecuzione e sviluppo melodico a dare una fisionomia personale e nuova agli assoli di Roy Eldridge. Suonò con le orchestre di Teddy Hill e Fletcher Henderson e alla fine degli anni Trenta si affermò definitivamente con i dischi Heckler's hop, Wabash stomp e After you've gone. Don Ferrara, quando passò in rassegna i migliori trombettisti di jazz per la rivista "Metronome", scrisse di lui:

«Così completa era la padronanza del volume che era capace di sussurrare con una meravigliosa calda intimità e di urlare con magnificenza. Ed egli definì e diede vita a ciascun grado dinamico intermedio tra quel sussurro e l'urlo. La sua sonorità era così ampia che costringeva il pubblico ad ascoltare. Tutti smettevano di chiacchierare quando Roy suonava. Anche quando suonava piano, la sua voce strumentale era voluminosa... Erano i sentimenti di Roy ad abbassare i pistoni della sua tromba, non le dita...
La sua musica era così concreta e disinibita che veniva fatto di pensare che egli avesse una linea diretta coi suoi sentimenti... La sua musica era piena di fuoco e di vitalità» [3]

Art Tatum (Toledo, Ohio 13 ottobre 1909 - Los Angeles, California 5 novembre 1956) si fece notare a New York già nel 1932 come accompagnatore della cantante Adelaide Hall (New York, 20 ottobre 1904 - London, 7 novembre 1993), lasciando tutti di stucco. L'anno successivo furono pubblicati i suoi primi dischi per la Brunswick che lo portarono ancor più alla ribalta e lavorò all'Onyx Club di New York, nella 52a Strada. Venerato come un santone, esempio per tutti i musicisti che lo ascoltarono, tornò a New York dopo un paio d'anni (1935-1936) trascorsi a Chicago dove si esibì regolarmente al Three Deuces. Caratteristiche del suo modo di suonare erano la grande velocità della mano destra, la grazia e la sensibilità armonica che anticiparono la complessità del Bebop, l'assoluta imprevedibilità delle sue improvvisazioni che metteva spesso in difficoltà i suoi partner. A tal proposito ricorda il chitarrista Everett Barksdale (Detroit, 28 aprile 1910 - Inglewood, CA, 29 gennaio 1986) che suonò a lungo con Tatum:

«Diceva sempre che non "udiva" in anticipo ciò che si accingeva a suonare, ma che si limitava a "sentirlo" e, poiché gran parte di ciò che facevamo era improvvisato, qualche volta se ne usciva con delle trovate che mi lasciavano disorientato»
[4]

La creatività e la tecnica straordinaria di Art Tatum lasciarono un segno indelebile tra i musicisti che si esibirono al Minton's in quegli anni.

Jimmy Blanton (Chattanooga, TN, ottobre 1918 - Los Angeles, 30 luglio 1942), fu scoperto a St.Louis a diciannove anni da Duke Ellington che immediatamente lo invitò a far parte della sua orchestra. Secondo molti critici la compagine di Ellington proprio all'inizio degli anni Quaranta espresse il meglio di se grazie anche al contributo di Blanton che conferì alla band quella compattezza ritmico-armonica che spesso era venuta a mancare in precedenza nonostante l'eccezionale abilità dei fiati e la ricchezza di sfumature. Blanton ha letteralmente rivoluzionato la tecnica del contrabbasso ampliandone le possibilità tecniche ed espressive: usava lo strumento come fosse un fiato, con una straordinaria capacità di articolazione ritmica, anticipando la funzione che avrebbe avuto nel Bop. Queste caratteristiche si percepiscono in maniera inequivocabile nelle incisioni realizzate tra il 1939 e il 1940 in duo con Duke Ellington, aprendo ai bassisti anche la strada del solismo. Morì giovanissimo, per una polmonite nel 1942, proprio nel momento in cui la rivoluzione del Bebop stava giungendo a compimento.


 

Jimmy Blanton & Duke Ellington

Al Minton's era presente un numero così alto di musicisti da non far mai mancare la grande musica e gli scontri tra i solisti di varie generazioni portarono ad una inesorabile evoluzione del linguaggio che nel giro di quattro anni (dal 1941 al 1944) dissolse lo swing tramutandolo in Bebop.

Nel maggio 1941 un tecnico dilettante, appassionato di jazz e studente della Columbia University, Jerry Newman, realizzò delle registrazioni al Minton's ed al Clark Monroe's Uptown House (198 West 134th Street, NYC), altro locale dove si cominciava ad ascoltare musica nuova. Queste registrazioni, imperfette dal punto di vista tecnico, sono una testimonianza preziosa di quelle notti. Si percepisce chiaramente la partecipazione e l'esaltazione del pubblico e si riconoscono gli stili dei vari musicisti presenti.

Al Minton's il solista principale è Charlie Christian ancora in forma smagliante (morirà di tubercolosi nel 1942) e già si può ascoltare un Kenny Clarke rivoluzionario. Secondo Ross Russell (Los Angeles 18 marzo 1909 - Palm Springs, 31 gennaio 2000):

«Clarke fu veramente il fondatore del nuovo stile delle percussioni. Si sente un beat pieno di forza, un delizioso impasto poliritmico e un'insolita consapevolezza delle esigenze del solista»
[5]

Gli interventi di Thelonious Monk, all'epoca considerati molto strani, apriranno al piano-jazz nuovi orizzonti espressivi condizionando anche lo stile improvvisativo di altri musicisti che svilupparono dalle armonie di Monk idee moderne. Nelle registrazioni del 1941 al Minton's si può ascoltare anche l'allora ventitreenne John Birks "Dizzy" Gillespie
(Cheraw, SC, 21 ottobre 1917 - Englewood, NJ, 6 gennaio 1993) in un breve inciso nel quale risulta ancora acerbo lo stile del trombettista del South-Carolina che solo successivamente troverà la sua strada. Tuttavia, nonostante le chiare innovazioni apportate alla musica da Clarke e Monk, si percepisce nelle registrazioni di Newman la mancanza di uno strumentista a fiato in grado di esprimere assoli all'altezza dei due colleghi e di trascinarli a suonare in modo ancor più rivoluzionario. In realtà un sassofonista con queste caratteristiche era già presente a New York, ma era attivo al Monroe's Uptown House, un cabaret tra la Centotrentatreesima Strada e la Settima Avenue dove, dopo l'ultimo show, cominciava a suonare il complesso del trombettista Vic Coulsen che accoglieva chiunque avesse voluto partecipare alla session. Era uno strumentista fantastico, capace di suonare a velocità sbalorditive e con una forza inaudita: era Charlie Parker (Kansas City, 29 agosto 1920 - NY, 12 marzo 1955), colui che più di tutti contribuirà alla nascita ed allo sviluppo del Bebop.

Charlie Parker nasce a Kansas City nel 1920 e riceve la sua educazione nel ghetto nero della grande città del Missouri. La madre, una donna delle pulizie presto abbandonata dal marito, lavorava nelle ore notturne e Charlie, che frequentò per qualche anno senza particolari entusiasmi la Lincoln High School, proprio di notte si intrufolava nei cabaret del quartiere nero con il preciso intento di ascoltare le orchestre di jazz. All'età di quindici anni era già sposato con la diciannovenne Rebecca Ruffin, aveva già fatto le prime esperienze con la droga e, dopo aver abbandonato la scuola, poteva considerarsi un musicista professionista. I suoi modelli, in gioventù, furono i grandi sassofonisti di Kansas City, in particolare Lester Young, del quale riproduceva gli assoli con il suo sax contralto, e Henry "Buster" Smith (Alfdorf, TX, 24 agosto 1904 - Dallas, 10 agosto 1991), detto il Professore, che aveva suonato con i Blue Devils e con le orchestre di Bennie Moten (Kansas City, MO, 13 novembre 1894 - Kansas City, 2 aprile 1935) e Count Basie (Red Bank, NJ, 21 agosto 1904; - Hollywood, 26 aprile 1984). In quel periodo a Kansas City le opportunità per suonare erano innumerevoli: il potente Tom Pendergast gestiva tutti gli affari, i traffici e gli intrighi, e la musica era un ingrediente essenziale di certi traffici e si ascoltava dappertutto. In questo contesto anche compagini di livello mediocre riuscivano ad avere una spazio e proprio in una orchestrina dilettantistica, quella diretta dal pianista Lawrence Keyes, Charlie cominciò ad esibirsi nel 1934 a soli quattordici anni. In quel periodo di apprendistato suonò anche con la band di Tommy Douglas (Eskridge, KS, 9 novembre 1906 - Sioux Falls, SD, 9 marzo1965).

La scuola delle jam-session al Reno Club
(12th Street, between Cherry Street and Locust Street, Kansas City, MO)
ed al Sunset Club (12th and Highland, Kansas City, MO), locali nei quali il giovane Parker si recava con maggiore interesse, insieme ai suoi sforzi per personalizzare la sua musica, lo portarono ad essere un musicista di primo piano già nel 1937, anno in cui ebbe scritture in due delle migliori orchestre della zona, quelle di Buster Smith e di Jay McShann (James Columbus; Hootie, Muskogee, OK, 12 gennaio 1916) ed in quella di George Ewing Lee (Booneville, MO, 28 aprile 1896 - San Diego, 2 ottobre 1958). Il contrabbassista Gene Ramey (Austin, TX, 4 aprile 1913 - Austin, 8 dicembre 1984), che suonò spesso con Parker in quegli anni, ricorda:

«Dal tipo risibile che era, Charlie si era trasformato in un sassofonista degno di essere ascoltato. Ora non aveva più quella sonorità dolciastra. Ne aveva una sua personale: nitida e senza molto vibrato. Le sue idee erano ancora bizzarre, roba come i raddoppi del tempo e certe strambe modulazioni fuori dalla tonalità, ma ora avevano un senso. Conosceva a memoria tutti gli assoli di Lester Young, un  Lester che suonasse l'Alto, ma si avvertiva già qualcosa di suo. E questo qualcosa faceva molta differenza»
[6]

Il suo caporchestra Jay McShann, parlando delle partecipazioni di Parker a certe jam-session ha detto:

«Quello che soprattutto contava nelle jam-session erano le idee musicali. Charlie era in grado di reggere il confronto coi colleghi più anziani, alcuni dei quali avevano già anni di esperienza nelle grandi orchestre.
Era uno strano ragazzo, molto aggressivo e informato su tutto ciò che accadeva» [7]

A diciotto anni diventa padre, ma questo non fu sufficiente a farlo rimanere a casa. Si trasferisce a Chicago dove suona con l'orchestra di Billy Eckstine (William Clarence, Pittsburgh, 8 luglio 1914 - Pittsburgh, 8 marzo 1993) e arriva, successivamente, a New York dove raggiunge il suo vecchio maestro e caporchestra Buster Smith che raccontò più tardi:

«Aveva un aspetto veramente spaventoso quando venne da me. Aveva tenuto la scarpe ai piedi per tanto tempo che le sue gambe si erano gonfiate. Ha abitato in casa mia per un bel po'... Durante il giorno mia moglie lavorava e io me ne andavo in giro a darmi da fare e lo lasciavo a casa a dormire nel mio letto. Poi usciva, suonava tutta la notte da qualche parte e quindi tornava e andava a dormire nel mio letto. Lo facevo uscire nel pomeriggio prima che mia moglie rientrasse. A lei non piaceva che dormisse nel nostro letto perché non si spogliava prima di coricarsi. Lui se ne andava al Monroe's e suonava tutta la notte. I ragazzi cominciavano ad ascoltarlo attentamente»
[8]

Oltre al Clark Monroe's, Parker lavorò anche al Jimmy's Chicken Shack (un elegante locale di Harlem) come sguattero per nove dollari a settimana: era interessato ad ascoltare Art Tatum che si esibiva lì e che colpì in modo particolare Charlie per la freschezza delle frasi nei suoi assoli e per l'impareggiabile capacità tecnica. Quando il pianista se ne andò, scritturato in un locale di Hollywood, si licenziò anche Parker. Successivamente lavorò al Parisien Ballroom, una sala da ballo vicino a Times Square e, dopo essere tornato a Kansas City per il funerale del padre, si diresse nuovamente verso New York dove dal 1939 al 1942 farà di nuovo parte della compagine di Jay McShann. In questo periodo il sassofonista di Kansas City mise a punto il suo stile e realizzò le prime incisioni.
L
a prima avvenne a Wichita: il 9 agosto 1940, di venerdì, al Trocadero Ballroom con una formazione dell'orchestra di McShann che registrò Jumpin' At the Woodside e
I Got Rhythm con il seguente organico:

Buddy Anderson e Moten Swing Orville Minor, trombe
Bud Gould, trombone
John Jackson,
sax alto
Charlie Parker,
sax alto
Bob Mabane, sax tenore
Jay McShann,
piano
Gene Ramey, basso
Gus Johnson, batteria

Ne seguì una seconda il 30 novembre 1940, di sabato, sempre a Wichita, in una trasmissione radio KFBI, in cui registrarono i brani I Found a  con la seguente formazione:

Buddy Anderson e Orville MinoHoneysuckle Roser, trombe
Bud Gould, trombone e
violino
William Scott, sax tenore
Charlie Parker,
sax contralto
Jay McShann,
piano
Gene Ramey, basso
Gus Johnson, batteria

Il lunedì successivo, il 2 dicembre, la stessa formazione, con la sola eccezione di William J. Scott che venne sostituito al sax tenore da Bob Mabane, per la stessa trasmissione radio registrò (), Lady Be Good (), Coquette (), () e Wichita Blues ().

In queste due sedute Parker già spicca sugli altri in maniera inequivocabile: in Honeysuckle Rose () il tempo è vicino a 300 di metronomo, quasi impossibile per gli altri fiati, ma non per Bird (il nome con il quale Charlie era sempre più spesso chiamato) che entra dopo l'incerto assolo di tromba in maniera impetuosa, suonando frasi condite di seconde e settime maggiori e di accordi diminuiti, usanConfessin' the Blues () do quel raddoppio di tempo che diventerà caratteristico del Bebop. In Lady Be Good () si percepisce chiaramente la perfetta conoscenza che Parker ha di Lester Young, riuscendo a suonare come il suo maestro tenorista, ma ad un tempo più veloce: alternanza di suoni lunghi e corti, contrasti di suono ottenuti con diteggiature diverse, linea melodica che rapidamente sale e scende sono tutte caratteristiche che Bird ha ereditato da Lester Young.

L'altra incisione da ricordare, in questa fase, è quella di Dallas effettuata per la Decca il 30 aprile 1941.
L
'orchestra di McShann al completo registrò Swingmatism (), un brano inedito, Hootie Blues (), arrangiato da Charlie e Dexter Blues (); McShann eseguì da solo due blues veloci al piano e Walter Brown cantò con l'accompagnamento della sezione ritmica (McShann, Ramey, Gus Johnson). Quest'ultimo brano fu il più gradito dal pubblico e il relativo disco balzò in testa alla hit-parade del rhythm and blues. Sul retro di Confessin' the Blues venne inserito Hootie Blues, brano apparentemente meno riuscito, ma che conteneva, tra l'introduzione orchestrale e la parte cantata da Walter Brown, dodici battute di sax contralto della durata di circa trenta secondi (metronomo=100) che rivelarono una concezione jazzistica completamente nuova. Ci sono ben sette cadenze, una serie di salite e discese vertiginose, ed anche gli intervalli più comuni (terza, quinta e tonica) eseguiti in maniera diversa. "Hootie" rappresenta una pietra miliare nel jazz, nonostante la breve durata del solo del sax alto e molti musicisti rimasero folgorati da questa esecuzione.
Racconta Sonny Criss
(Memphis, 23 ottobre 1927 - Los Angeles, 19 novembre 1977), una futura stella del jazz che studiava l'alto a Los Angeles dove comperò il disco:

«Non c'era il nome del sassofonista né sull'etichetta né su nessuna rivista musicale. Sapevo solo che un musicista che forse non avrei mai conosciuto o risentito aveva scoperto una strada nuova nel blues. Quell'assolo di Hootie Blues mi aprì un orizzonte del tutto nuovo»
[9].

Charlie Parker, quindi, alla fine del 1941 (a soli 21 anni!) era già un personaggio di primo piano nel mondo del jazz e stava apportando quelle modifiche al linguaggio che porteranno dirette alla rivoluzione del Bebop.

Sfortunatamente non ci sono pervenute registrazioni di Parker che suona al Monroe's nel 1941 in quanto Newman non amava le esecuzioni di Bird, preferendo i sassofonisti più «ortodossi» come Benny Carter e Herbie Fields (Elizabeth, NJ, 24 maggio 1919 - Miami, 17 settembre 1958). Solo un anno più tardi comparirà un altro tecnico dilettante, Dean Benedetti, che, al contrario, avrebbe spento il suo registratore su chiunque, ma non su Charlie del quale aveva capito il genio musicale.    

Le voci sulle performance di Parker nell'autunno del 1941 circolavano sempre più fitte nell'ambiente e al Minton's si cominciò a parlare di questo sassofonista che suonava l'alto come Lester Young, ma due volte più veloce. Kenny Clarke e Thelonious Monk erano scettici nei riguardi di queste notizie, considerando Lester Young imbattibile al sax e avendo come massimo esempio di suonatore di alto Johnny Hodges (Cambridge, Massachussets 25 luglio 1907 - New York, 11 maggio 1970) che già da un decennio si esibiva ad altissimi livelli nell'orchestra di Duke Ellington, ma con un linguaggio assai diverso da quello che stava prendendo corpo al Minton's. Una sera, però, Clarke e Monk decisero di andare al Monroe's a controllare di persona cosa succedeva e trovarono un uomo più giovane di loro, occhiali scuri sportivi, abiti non stirati che suonava chorus su chorus come se la musica fosse l'unica ragione di vita.
Ricorderà anni dopo Clarke:

«Bird suonava roba che non avevamo mai sentito. Faceva col sax quello che credevo di aver inventato io con la batteria. Era due volte più veloce di Lester Young e con accordi che Lester non aveva mai toccato. Bird correva nella nostra stessa direzione, ma era molto più avanti di noi. Forse non aveva compreso fino in fondo cosa aveva creato... Bird non parlò molto. Fu calmo e riservato, mite. Dopo avergli dato un paio di dollari, gli proponemmo di trasferirsi dal Monroe's al Minton's. Teddy Hill si rifiutò di pagare un altro uomo, così decidemmo di fare una colletta e dargli qualcosa. Lo invitati a stare nell'appartamento che dividevo con Doc West, altro batterista e buon cuoco. Cominciammo a farlo mangiare. Era magro e affamato. Fin allora aveva cercato di sopravvivere con il "piatto" del Monroe's. Ben presto il Minton's divenne un posto poco gradevole per la vecchia guardia. Dizzy cominciò a venire regolarmente e così gli strumenti furono quattro: tromba, sax alto, piano e batteria. Era questa la formazione che doveva sfondare, con l'aggiunta di un buon bassista. Una notte, dopo settimane di tentativi, Dizzy riuscì a battere Roy Eldridge. Una sola notte tra tante, ma per noi fu il via. Roy era in cattedra da anni. Questo ci diede una gran forza. A rendere le cose ancor più ostiche per gli estranei, inventavamo riff sempre più difficili. Gli uomini dello swing che volevano suonare con noi si trovavano malissimo. E poi per forza smettevano di suonare. Quando il Minton's chiudeva, andavamo a mangiare e suonare fino a mattina al Monroe's. Non sapevamo dove saremmo andati a finire con quella musica. Però ci divertivamo e ci sfogavamo»
[10].

Le jam-session del Minton's nel 1941, in definitiva, servirono soprattutto a far nascere legami di amicizia fra i futuri esponenti del jazz moderno e a far in modo che le ricerche dei singoli musicisti cominciassero a convergere per arricchire un linguaggio che stava acquisendo una forma sempre più chiara.

 


 

1944 L'esplosione del bebop

All'inizio del 1944 il quintetto di Dizzy Gillespie e Oscar Pettiford (Okmulgee, 30 sett 1922 - Copenhagen, 8 sett 1960), primo complesso veramente bop della storia, esordì all'Onyx Club, nella Cinquantaduesima Strada di New York, seminando lo sgomento fra il pubblico e gli altri musicisti. Raccontò anni dopo Dave Tough (26 apr 1907 - 9 dic 1948) (batterista della tutt'altro che conservatrice orchestra di Woody Herman) che ascoltò il quintetto all'Onyx insieme ad altri colleghi: «Appena fummo entrati quei tipi afferrarono i loro strumenti e si misero a suonare quella loro roba folle. Uno si interrompeva improvvisamente, un altro cominciava a suonare senza una ragione al mondo. Noi non avremmo mai saputo dire quando un assolo avrebbe dovuto cominciare o terminare. Poi tutti quanti smisero di punto in bianco di suonare e se ne andarono dal podio. Eravamo spaventati»[1].

Ma non mancarono coloro che accolsero con interesse la nuova musica, come ricordò Dizzy Gillespie: «Il pubblico era fantastico. Quella gente si rendeva conto che qualcosa di nuovo stava succedendo. Il locale era sempre pienissimo. Una sera venne a sentirci Jimmy Dorsey. Noi andavamo fortissimo e lui non credeva alle proprie orecchie. La sera dopo tornò e non si ubriacò. Era perfettamente sobrio, maledettamente sobrio: e questo non gli succedeva spesso! Aveva un piccolo ricevimento, dopo, al suo albergo, l'Hotel Astor, e mi invitò. Mentre camminavamo per la strada mi abbracciava. Diceva: "Accidenti! Quella roba che state suonando... Ti scritturerei di sicuro nella mia orchestra se la tua pelle non fosse così scura!". Gli dissi: "Caro mio, se non fossi così non sarei capace di suonare in questo modo"»[2].

Le caratteristiche vincenti del quintetto di Gillespie e Pettiford furono la straordinaria abilità e creatività dei componenti e, soprattutto, la comune concezione della musica, caratteristica che mancava in molti complessi che si esibivano nei sempre più numerosi locali della Cinquantaduesima Strada. L'unico a non essere in completa sintonia con i colleghi era Don Byas (Carlos Wesley "Don" Byas: Muskogee, 21 ott 1912 - Amsterdam, 24 ago 1972), seguace di Coleman Hawkins, che fu sostituito da Budd Johnson (Albert J. Johnson: Dallas, 14 dic 1910 - Kansas, 20 ott 1984). Si può affermare con certezza che la musica del quintetto fu un primo punto di arrivo degli esperimenti cominciati al Minton's e proseguiti nell'orchestra di Earl Hines, portando ad una definizione del linguaggio sempre più chiara.

Altre innovazioni si aggiunsero a quelle già sperimentate fino a quel momento: la più importante, ideata da Oscar Pettiford, fu la sistematica esposizione del tema, all'inizio ed alla fine di ogni brano, da parte di tromba e sassofono, all'unisono. Anche il termine Bebop nasce ufficialmente all'inizio del 1944 all'Onyx: era una parola in cui onomatopeicamente si rifletteva l'intervallo allora più in auge: la quinta diminuita discendente. I termini «Bebop» o «Rebop» nacquero spontaneamente quando si vollero cantare simili intervalli. Bisogna dire, comunque, che le spiegazioni sulle origini della parola «Bebop» sono rimaste discutibili come nel caso della maggior parte dei termini jazzistici. Nel gergo della gioventù americana, ad esempio, «bebop» o «rebop» significava rissa, coltellate.

La quinta diminuita rappresentò l'intervallo più importante del Bop, non essendo impiegata «di passaggio» Max is making wax (), o per realizzare particolari effetti armonici prediletti da Duke Ellington o Willie «The Lion» Smith già negli anni Venti, ma caratterizzando un intero stile. La quinta diminuita divenne così usata dai jazzisti che, nel giro di circa dieci anni, venne impiegata stabilmente come «blue note», con lo stesso effetto delle terze minori e delle settime minori che caratterizzano il blues.

Diversi brani suonati dal quintetto di Gillespie e Pettiford all'Onyx fecero colpo. Tra questi vanno ricordati il già citato Salt Peanuts (), nel quale Dizzy si divertiva a ripetere le parole del titolo sul sussultante motivo del tema, For bass di Oscar Pettiford, che sarà ribattezzato One bass hit e affidato a Ray Brown (Raymond Matthews Brown: Pittsburgh, 13 ott 1926), il più interessante bassista della nuova generazione, e nel quale Roach esibiva le sue eccezionali qualità di batterista virtuoso. Il quintetto proseguì il lavoro all'Onyx Club per tre mesi, fino a quando Gillespie e Pettiford si separarono, facendo in modo che i gruppi bop di New York diventassero due. Il trombettista portò con se Budd Johnson e Max Roach in un altro locale della Cinquantaduesima Strada, lo Yacht Club (dove lavorava anche Billy Eckstine); il bassista rimase all'Onyx dove sostituì i partenti con musicisti di minore rilevanza, tra i quali Joe Guy (Birmingham, 20 sett 1920). Intanto, sfruttando il fatto che le case discografiche cominciavano a ribellarsi al blocco imposto dai sindacati, si realizzarono le prime incisioni del nuovo jazz, tenute a battesimo da Coleman Hawkins che, entusiasta dei «nuovi suoni», diede il suo nome a un complesso di studio costituito dalla maggior parte dei musicisti del primo quintetto all'Onyx e da qualche altro.

Un altro evento importante per il Bebop nel 1944, fu la nascita dell'orchestra di Billy Eckstine. Billy Shaw, manager di Eckstine da sempre molto ambizioso, spinto dalle pressioni di Dizzy Gillespie, si convinse che la formazione di una grande orchestra priva di compromessi (tipo quella di Earl Hines) non era una idea irrealizzabile e poteva essere un affare per lui vantaggioso. Anche Charlie Parker, che dopo la chiusura dell'orchestra di Hines aveva lavorato per un periodo a Washington con Sir Charles Thompson ed era tornato nella ormai desolante Kansas City, si faceva spesso sentire con i suoi amici newyorkesi spingendo affinché si realizzasse il progetto di una nuova band. Billy Shaw pensò che l'uomo giusto per portare a termine il progetto era proprio Eckstine che immediatamente prese a tastare il terreno qua e là. Eckstine era un personaggio anomalo nel mondo del jazz: ventinovenne, famiglia medio borghese di Pittsburgh, aveva studiato alla Howard University. Lo chiamavano «B.E.» o «Mr. B» o anche solo «B», soprannome dovuto, secondo Ross Russell, alla sua abilità nelle improvvisazioni in Si (B nella edizione americana). Era un bellissimo ragazzo e doveva rifiutare in continuazione gli inviti di donne che gli davano la caccia. Suonava tromba e trombone, ma si sentiva abbastanza frustrato come musicista , tanto che avrebbe volentieri scambiato la sua voce con le capacità improvvisative dei ragazzi che lo accompagnavano. «B» iniziò la sua carriera nei night di Buffalo e Detroit per poi lavorare al Club de Lisa di Chicago, sulla statale Sud. Fu lì che Budd Johnson lo propose a Earl Hines il quale era in cerca di qualcuno che potesse sostituire Herb Jeffries (Detroit, 24 set 1916). Eckstine entrò a far parte dell'orchestra di Hines nel 1939 e subito incise un disco di successo per la Bluebird (etichetta di «razza» della RCA): Jelly, Jelly (), versione aggiornata del vecchio blues. «Mr. B» aveva una voce da baritono con una estensione vocale molto ampia. I giornalisti definirono la sua voce «vellutata», le donne «sexy», ma le sue capacità andavano al di là del timbro molto particolare: era un vero cantante di jazz, come Sarah Vaughan (Sarah Lois Vaughan: Newark, 27 mar 1924 - Los Angeles, 3 apr 1990). Billy Shaw, dopo aver trovato i soldi all'agenzia di William Morris, agì nel modo classico: Eckstine e l'orchestra ancora immaginaria furono venduti alla De Luxe Records, una casa indipendente che non rispettò i bandi proibizionisti dell'AFM[3] firmando con Petrillo molti mesi prima che le principali case discografiche trovassero finalmente un accordo con il sindacato. Il 13 aprile 1944, mentre Parker era ancora a Kansas City, «B» registrò tre facciate a New York per la De Luxe: Good Jelly, parafrasi del precedente successo inciso per la Bluebird, I Stay in the Mood for you ()e I Got a Date with Rhythm (). I negozi e i juke-box accolsero questi dischi con enorme entusiasmo, visto che da due anni non avevano ricevuto nulla, e Billy Shaw cominciò ad essere tempestato da telefonate di gestori di sale da ballo. In pochi giorni Shaw perfezionò il suo accordo con l'agenzia di William Morris ed Eckstine partì alla volta di Detroit e Chicago alla ricerca dei suoi uomini-chiave. In quei giorni Parker aveva appena finito di lavorare al Mayfair di Tootie e si era diretto a Chicago dove ottenne un ingaggio con la Noble Sissle Orchestra, un gruppo di vecchio stampo che si esibiva al nuovo Rumboogie Club. «Mr. B» disse a Bird che il progetto dell'orchestra stava andando in porto e che aveva intenzione di affidargli la parte di primo alto e la responsabilità di formare tutta la sezione delle ance. Charlie accettò, nonostante il disappunto per non essere stato nominato direttore musicale della band (ruolo affidato a Gillespie), e cominciò a cercare i suoi uomini. Dizzy e Eckstine si occuparono degli ottoni e della ritmica e la compagine al completo si presentò così:

Charlie Parker e John Jackson, sax alto
Gene Ammons
e Tom Crump, sax tenore
Leo Parker
, sax baritono
Dizzy Gillespie
, Buddy Anderson, Gail Brockman, Shorty McConnel, trombe
Benny Green
, Rudy Morrison, Howard Scott, tromboni

La sezione ritmica era composta dal trio dello Yacht Club (John Melachi, Connie Wainwright e Tommy Potter) con l'aggiunta del percussionista Shadow Wilson, un ex-Hines. A completare la band giunse anche la straordinaria voce di Sarah Vaughan.

L'orchestra si presentò subito come il manifesto dell'avanguardia e poteva contare su un nucleo di musicisti collaudato che conferì al gruppo una coesione interna essenziale, comprendendo nove veterani della Earl Hines Orchestra (Eckstine, Vaughan, Parker, Crump, Gillespie, Brockman, McConnell, Green e Harris) e tre musicisti di Kansas City già attivi nella Jay McShann Orchestra (Parker, Anderson, Jackson). Era nata l'orchestra che avrebbe fatto conoscere il Bebop a tutti gli Stati Uniti.

I problemi da affrontare non si fecero attendere e, nel giro di poche settimane, tre componenti ricevettero la cartolina di leva: il trombonista Benny Green, il batterista Shadow Wilson e il sassofonista Tom Crump che fu subito rimpiazzato da Junior Williams (un ex-McShann). Inoltre si dovette far fronte alla mancanza di arrangiamenti, visto che gli strumentisti di Eckstine erano più improvvisatori che compositori e, nonostante Dizzy si adoperasse nell'orchestrare vari brani, c'era bisogno di altro materiale. Acquistati gli arrangiamenti di Count Basie e di Boyd Raeburn, l'orchestra si mise in marcia per Wilmington, Delaware dove esordì nel giugno 1944 priva del suo direttore musicale in quanto Gillespie, addormentatosi in treno, non si svegliò in tempo e senza un batterista vero e proprio. Il problema della sostituzione di Shadow Wilson non fu di semplice risoluzione e, dopo aver fatto centinaia di telefonate, «Mr. B» ingaggiò Art Blakey (Abdullah Ibn Buhaina: Pittsburgh, 11 ott 1919 - New York, 16 ott 1990) il quale, però, sarebbe arrivato solo dopo un mese, al termine del suo ingaggio col Tic Toc di Boston. La band tirò avanti comunque con successo grazie alle voci di Sarah Vaughan e di Billy Eckstine e sfruttando l'apprezzamento che il pubblico aveva per la musica da ballo, ottimamente eseguita anche con il gruppo incompleto. L'itinerario portò l'orchestra fino in Florida e poi verso sud-ovest, attraverso il profondo Sud e il Texas. A Kansas City la compagine di «B» fu raggiunta da Tadd Dameron (Tadley Ewing Peake Dameron: Cleveland, 21 feb 1917 - New York, 8 mar 1965), pianista già attivo con Harlan Leonard (Harlan Quentin Leonard: Kansas City, 2 lug 1905- Los Angeles, 1983) e Andy Kirk (Andrew Dewey Kirk: Newport, 28 mag 1898 - New York, 11 dic 1992), che non si occupò di suonare, ma di realizzare arrangiamenti adatti a quel tipo di gruppo. Scrisse numerosissimi spartiti e portò con se due pezzi straordinari, Cool Breeze () e Ladybird, in trascrizioni molto moderne. Il contributo che diede all'orchestra e allo sviluppo del Bebop con i suoi pezzi e con i suoi arrangiamenti fu di valore notevolissimo. Arrivarono altri arrangiamenti di Budd Johnson e Gil Fuller (14 apr 1920) e, nella tappa di St. Louis, finalmente anche la sezione ritmica cominciò a funzionare dopo l'arrivo di Art Blakey.

Le giornate di St. Louis furono memorabili: l'organico era finalmente completo, gli arrangiamenti erano pensati per quella orchestra e per quegli uomini, l'entusiasmo era alle stelle. A St. Louis molti musicisti rimasero di stucco nell'ascoltare l'orchestra di Eckstine e, in particolare, apparvero «rivoluzionarie» le evoluzioni di Charlie Parker e Dizzy Gillespie che erano le vere stelle del Bebop. Tra i musicisti rimasti affascinati dalla «nuova musica» e dai suoi eroi ce ne era uno che sarebbe diventato un altro grande rappresentante del Bop per poi spiccare il volo verso una carriera caratterizzata dalle più svariate esperienze nel mondo del jazz e non solo. Stiamo parlando dell'allora diciassettenne Miles Davis (Miles Dewey Davis III: Alton, 26 mag 1926 - Santa Monica, 28 set 1991).

Miles Davis nacque ad Alton, nell'Illinois, nel 1926 e trascorse la sua infanzia a East St. Louis, dove la sua famiglia si era presto trasferita. A differenza della maggior parte dei jazzman, la sua vita fu agiata (suo padre era un dentista), ma il giovane Miles dovette subito accorgersi della differenza che lo separava dai suoi vicini bianchi. Ha raccontato: «Una delle prime cose che io ricordi di quando ero bambino è un uomo bianco che mi correva dietro per la strada gridando "Nigger! Nigger!"»[4]. Presto si trovò tra le mani una tromba regalatagli per il tredicesimo compleanno da suo padre che lo spinse a studiare con grande impegno sotto la guida di Elwood Buchanan, un trobbettista dell'orchestra di Andy Kirk. Già in questa fase imparò a suonare senza vibrato, ma veloce e leggero, secondo la scuola tipica di St. Louis. Molti trucchi del mestiere furono imparati da Miles grazie alla sua amicizia con Clarke Terry, il primo trombettista di notevole valore che incontrò. A soli quindici anni cominciò a suonare professionalmente con un'orchestra locale, i Blue Devils di Eddie Randall (dove incontrò Jimmy Blanton) e, successivamente, venne invitato a suonare nella formazione di Tiny Bradshaw, rifiutando il lavoro per la ferma opposizione della madre la quale desiderava che terminasse gli studi alla Lincoln High School. Fino ai diciotto anni Davis arricchì la sua cultura musicale ascoltando i grandi musicisti del momento, come Lester Young, Art Tatum, Duke Ellington e, naturalmente, i trombettisti Roy Eldridge, Benny Carter, Kenny Dorham e Fats Navarro, ma già intuendo la possibilità di andare alla ricerca di una sua strada.

Miles ricorda così l'esperienza dell'ascolto dell'orchestra di Billy Eckstine: «Gente, sentitemi bene. La sensazione più fantastica che abbia mai provato nella vita, intendo dire con i miei vestiti addosso, è stato quando ho sentito per la prima volta Diz e Bird suonare insieme a St. Louis nel Missouri nel 1944. Avevo diciotto anni e mi ero appena diplomato alla Lincoln High School. Il posto era proprio al di là del Mississippi, a East St. Louis, Illinois. Quando ho sentito Diz e Bird che suonavano nella B band, B sta per Billy, Billy Eckstine [5], cantante e leader di un'orchestra, mi sono detto "Cosa? Che diavolo è questa roba?". Gente, quella era merda davvero grandiosa. Lasciatemelo dire, terrificante. Voglio dire. Erano tutti insieme in quella band: Dizzy Gillespie, Charlie «Yardbird» Parker, Buddy Anderson, Gene Ammons, Lucky Thompson e Art Blakey, per non parlare poi di Mr. B, ovvero Billy Eckstine. Gente, quella roba ti si ficcava tutta su per le ossa. La musica se ne andava per tutto il corpo, e questo era esattamente quello che volevo sentire. Il modo in cui quella band suonava, bene, era tutto quello che avevo bisogno di sentire. Era davvero qualcosa. E là sopra c'ero anch'io a suonare con loro»[6].
E infatti Miles, come in una favola, ebbe immediatamente la possibilità di suonare con l'orchestra di Eckstine, chiamato a sostituire lo sfortunato Buddy Anderson, colpito da una tubercolosi che lo porterà alla definitiva rinuncia alla tromba. Davis trasse da questa breve esperienza una carica tale da cambiare tutta la concezione della sua esistenza. Disse: «La B band cambiò la mia vita. Decisi allora e di punto in bianco che dovevo lasciare St. Louis e andare a vivere a New York City dove stava tutta quella gentaglia»[7]. Anche Sarah Vaughan fu per Miles una scoperta straordinaria: «Sarah trillava come Diz e Bird e loro due stavano suonando veramente di tutto! Voglio dire, sembrava che Sarah fosse esattamente come un altro ottone. Avete capito quello che intendo dire? Lei andava su e giù cantando You are my first love e Bird le stava dietro in assolo. Gente, mi piacerebbe che tutti quanti avessero potuto sentire quella roba!»[8].

Dopo la tappa a St. Louis, l'orchestra si spostò verso nord acquisendo una coesione sempre maggiore, arrivando alla magica perfezione delle vecchie orchestre di Kansas City in tempi relativamente brevi. Nell'ultima settimana dell'agosto 1944 l'orchestra giunse a Chicago per un ingaggio di quindici giorni al Regal Theater dove le code al botteghino erano lunghissime. La sostituzione di Buddy Anderson toccò in questa occasione ad Howard McGhee (Tulsa, 6 mar 1918 - New York, 17 lug 1987), trombettista che lavorava in città con Charlie Barnet. Fu l'ennesimo successo per la compagine di Mr. «B», sottolineato da una recensione di John Sipple su Down Beat. Scrisse: «La forza motrice dei sax è Charlie Parker. Al Regal ho assistito a ben sei spettacoli e mai una volta che lui abbia ripetuto la stessa idea musicale». Sipple continuò dicendo che Bird tutte e sei le volte aveva sfoggiato una diversa improvvisazione nelle sedici battute di raccordo tra gli interventi vocali di Sarah Vaughan in I'll Wait and Pray (). Questa recensione può essere considerata la prima segnalazione ufficiale di Charlie Parker.
Dopo Chigago l'orchestra si esibì per una settimana al Paradise Theater di Detroit e fece ritorno a New York. Nel giro di pochi mesi l'orchestra di Eckstine aveva guadagnato almeno centomila dollari, l'agenzia di William Morris era entusiasta e Billy Shaw era l'uomo del momento. La De Luxe Records fece valere la sua opzione e l'orchestra si impose tra le più richieste, con ingaggi a livello di Count Basie e Duke Ellington. L'orchestra sarebbe rimasta unita fino al febbraio del 1947 accogliendo altri grandi musicisti tra i quali Dexter Gordon
(Dexter Keith Gordon: Los Angeles, 27 feb 1923 - Philadelphia, 25 apr 1990) e Lucky Thompson (Eli Thompson: Columbia, 16 giu 1924) [9] (entrambi tenorsassofonisti), ma avrebbe dovuto fare i conti con la voglia di suonare in complessi più piccoli da parte dei suoi elementi maggiormente rappresentativi. Il primo a lasciare la compagine di Eckstine fu proprio Parker, già al ritorno della prima trionfale tournée; «B» fece del tutto per trattenere Bird, gli offrì anche una paga più cospicua, ma non riuscì nell'impresa e l'orchestra partì per Baltimora senza il suo sax alto solista: Charlie voleva suonare a New York e, soprattutto, voleva suonare la sua musica senza essere ingabbiato nelle sezioni della pur eccezionale band nella quale aveva militato.

Alla fine del 1944 New York era quanto di meglio una città potesse offrire ai musicisti di jazz, visto l'enorme numero di locali che erano stati aperti negli ultimi tempi. Il Minton's era ancora teatro di esaltanti jam-session dove si continuavano a sperimentare i fraseggi più arditi, mentre la Cinquantaduesima Strada era ormai caratterizzata da una sequenza di club talmente numerosi da offrire lavoro a un grande numero di musicisti. Ricorda Miles Davis, che giunse a New York proprio nel settembre 1944: «A quei tempi, il Minton's era il posto per chi voleva suonare il jazz; non è vero che fosse "La Strada" [10] come cercano di far credere oggi. Era da Minton's che un musicista poteva "davvero" affilare i denti, e soltanto dopo poteva andarsene giù alla "Strada". La 52° era facile in confronto al Minton's. Andavi alla 52° per fare soldi e per farti vedere dai critici musicali bianchi e dai bianchi in generale. Ma te ne andavi su al Minton's se volevi farti una reputazione tra i musicisti. Da Minton's molta gente prese molti calci nel culo, voglio dire che si limitarono a scomparire e non furono mai più sentiti da nessuno. Ma allo stesso tempo insegnò a un mucchio di veri musicisti e sicuramente ha contribuito a farli diventare quello che sono diventati»[11]. Sulla fine che faceva chiunque si presentasse sulla pedana del Minton's senza avere le capacità di reggere il ritmo delle session, sempre Miles è eloquente: «Se avevate il coraggio di saltare sul palco del Minton's e poi non eravate in grado di reggere il tempo, non eravate soltanto destinati a vergognarvi per la gente che vi ignorava o vi fischiava dietro, potevate essere certi di essere presi a calci nel culo. Una notte ci fu un tipo, un incapace, che saltò su e si mise a fare qualcosa, cazzate, più che altro per impressionare un paio di troiette che aveva con sé al tavolo. Un altro, uno dei tanti che amava stare lì ad ascoltare la musica, era fra il pubblico quando questo fottutissimo cazzone decise di farsi sentire. Non si fece problemi: si alzò con molta calma dal tavolo, afferrò il non musicista, lo tirò giù dal palco, se lo tirò dietro fuori dal locale nello spazio che c'era fra il Cecil Hotel e il Minton's e con molta calma cominciò a prenderlo a calci nel culo. Voglio dire, lo fece davvero. Dopo di che, con altrettanta calma, disse al fighetto di non provare mai più a portare il suo culo nero lassù sul palco del Minton's prima di essere in grado di suonare qualcosa che valesse la pena di ascoltare. Questo era il Minton's. Farcela o tacere, non c'erano vie di mezzo»[12].

Al Minton's Bird e Diz, quando erano presenti, erano i re indiscussi assieme a Monk, ma si erano affacciati alla ribalta altri musicisti di grande abilità come Eddie «Lockjaw» Davis (New York, 2 mar 1922 - 3 nov 1986), il sax tenore che dirigeva l'orchestra di casa e lo straordinario Fats Navarro (Theodore Navarro: Key West, 24 set 1923 - New York, 7 lug 1950), trombettista con il quale Miles Davis suonò molte volte e, anch'egli, rappresentante di primissimo piano del bebop. Racconta Miles: «E poi c'era "Fats" Navarro, che arrivò dalla Florida o da New Orleans. Nessuno sapeva chi fosse, ma quello stronzo riusciva a suonare come nessuno aveva mai fatto prima. Era giovane, come me, ma era già parecchio avanti in quello che lui intendeva dovesse essere il suo modo di suonare lo strumento. Fats era nella band di Andy Kirk e Howard McGhee, anche lui un fantastico trombettista. Una notte lui e io ci demmo dentro in una jam-session che fu veramente incredibile, fece andare fuori di testa tutti quanti. Penso che sia stato in una notte del 1944. Da quando sentii quell'orchestra, Howard divenne il mio idolo, prendendo il posto di Clark Terry per un po', fino a quando non sentii Dizzy»[13]. La Cinquantaduesima Strada, come detto, era ormai il luogo dei club nei quali si faceva jazz. I locali, alla fine del 1944, erano sette: il Jimmy Ryan's, l'Onyx, il Famous Door, il Samoa, il Downbeat, lo Spotlite e il Three Deuces, tutti raggruppati sul lato ovest. In questi club c'era quanto di meglio il jazz (moderno e non) potesse offrire. C'erano Sidney Bechet, Zutty Singleton, Coleman Hawkins, Howard McGhee (altro trombettista superbo del Bop come segnalato nel precedente racconto di Miles Davis), Max Roach, Kenny "Klook" Clarke, Art Tatum, Tiny Grimes, Slam Stewart, Mildred Bailey, Red Norvo, Fats Waller, Leo Watson, Don Byas ecc. Tra tutti i personaggi presenti nella Strada in quel periodo, che rappresentano tutta la storia del jazz, mancava Lester Young, arrestato in un campo militare della Georgia dopo essere stato pescato a far bollire cocaina e vino dolce. Anche Charlie Parker, abbandonata l'orchestra di Billy Eckstine, cominciò a lavorare nella Cinquantaduesima e, precisamente, al Three Deuces, locale di proprietà di Sammy Kaye. Kaye, a differenza di altri colleghi, aveva capito la «nuova musica» e fece del tutto per ingaggiare Bird. Il club se la cavava piuttosto bene ed era appena stato assunto Errol Garner, giovane e sconosciuto pianista di Pittsburg, che si alternava con un trio composto da Stan Levy (Philadelphia, 5 apr 1925) alle percussioni, Joe Albany (Atlantic City, 24 gen 1924 - New York, 12 gen 1988) al piano e Curly Russell (New York, 19 mar 1917 - Queens, 3 lug 1986) al basso. C'era assolutamente bisogno di un fiato e Kaye riuscì ad avere Parker per 65 dollari a settimana, poco meno della cifra che Charlie guadagnava con «Mr. B». Bird presto si lamentò per la mancanza di un altro fiato, di una tromba, convincendo Kaye ad assumerne una. Dizzy Gillespie, consultato a Washington, disse che avrebbe preso in considerazione l'offerta solo al ritorno di Eckstine a New York e, intanto, qualche volta suonava al Three Deuces Howard McGhee. Dopo pochi giorni fu offerta a Parker l'opportunità di realizzare il suo primo disco per una casa indipendente: la Savoy di Newark. La persona che si dette più da fare per favorire la firma del contratto fu il chitarrista di Art Tatum, Tiny Grimes (Lloyd Grimes: Newport News, 7 lug 1916 - 4 mar 1989), il quale era riuscito a convincere la Savoy che lui era destinato a diventare un grande cantante. La Savoy accettò, pur non stanziando una grossa cifra per l'operazione, e il 15 settembre 1944 la seduta ebbe luogo ai Nola Studios, tra la Cinquantaduesima e la Broadway con Teddy Reig (New York, 23 nov 1918 - Teaneck, 29 set 1984), talent-scout della casa discografica, in veste di supervisore. Vennero scritturati il pianista Clyde Hart (died: New York, 19 mar 1945), il batterista Doc West (Woolford, 12 ago 1915) e, all'ultimo momento, Charlie Parker al sax alto, mentre lo stesso Tiny Grimes avrebbe suonato anche la chitarra elettrica. I musicisti si scaldarono suonando un blues improvvisato intitolato Tiny's Tempo () e poi passarono ai pezzi vocali programmati. Purtroppo la performance in veste di cantante di Tiny Grimes fu a dir poco disastrosa e, nonostante il grande impegno dei musicisti e i passaggi obbligati del sax alto suonati in modo impeccabile da Bird, si arrivò a venti minuti dal termine della seduta (erano state concesse tre ore) senza aver registrato nulla di accettabile e con Grimes praticamente esausto. A questo punto Teddy Reig propose ai musicisti di buttar giù qualcosa per avere a disposizione almeno un'altra facciata e fu così che ebbe luogo la «prima imperfetta e casuale seduta d'incisione della discografia bop»[14]. Charlie suonò un motivo sulle armonie di I got Rhythm di George Gershwin e, dopo una prima registrazione nella quale gli altri musicisti stentarono a tenere testa a Bird, la seconda fu considerata buona. Parker propose il titolo di Red Cross () in omaggio a un certo Cross, valletto personale di Billy Eckstine. Il brano comincia con un unisono dei cinque strumenti dove risulta evidente la perizia dei musicisti della Strada che si amalgamano con estrema facilità, a dimostrazione del fatto che il nuovo linguaggio faceva ormai parte del bagaglio culturale di quegli strumentisti.
M
a è il sax alto a prendere prepotentemente il comando delle operazioni: esegue da solo il bridge (battute 17-24) facendo crescere la tensione in vista dell'assolo che segue e nel quale lo stesso Bird, dopo le ultime otto battute di unisono, sprigiona tutta la sua creatività. Per la prima volta il suo suono è registrato fedelmente (operazione non riuscita ai dilettanti Newman e Benedetti) e risulta chiaro il nuovo stile dello strumento così descritto da Ross Russell: «Il suono è forte e virile. L'ancia, del tipo duro, è completamente padroneggiata e ricca di articolazioni. E' un suono più ricco nel registro medio che nelle incisioni un po' infantili e liriche di Wichita, o in Hootie Blues. Ora Charlie è un adulto che sa dove andare»[15].

Poche settimane dopo vennero lanciati sul mercato i due brani vocali faticosamente registrati nella seduta del 15 settembre: I'll Always Love You Just The Same () con Tiny's Tempo sul retro (SAVOY 526) e Romance without Finance () con Red Cross sull'altra facciata (SAVOY 532). I brani cantati da Tiny Grimes, confrontati con quelli di Eckstine, Vaughan, Jeffries, Sinatra, Como e Crosby, apparvero ancor più squallidi di quanto erano apparsi ai Nola Studios, ma le facciate B sarebbero diventate le pietre miliari del nuovo jazz, tanto che la Savoy accoppiò i due brani strumentali in un ulteriore disco (SAVOY 541).

Il complesso del ThreBlue'n Boogie e Deuces, dopo qualche rimescolamento nella sezione ritmica, cominciò a prendere realmente forma con Charlie Parker al sax alto, Al Haig (Allan Warren Haig: Newark, 22 lug 1924 - New York, 16 nov 1982) al piano, Curly Russell (New York, 19 mar 1917 - Queens, 3 lug 1986) al basso e Stan Levey (Philadelphia, 5 apr 1925) alle percussioni. Arrivò anche Dizzy Gillespie, di ritorno dalla tournée con «Mr. B» dove successivamente il suo posto sarà preso da Fats Navarro (Theodore Navarro: Key West, 24 set 1923 - New York, 7 lug 1950), e il quintetto era fatto: era il futuro complesso senza Kenny Clarke. Rispetto ad una grande orchestra la sezione dei fiati era numericamente scarna, ma Bird e Dizzy suonavano come se ognuno di loro fosse una intera sezione. I temi erano eseguiti sempre all'unisono, a turno facevano da voce guida, inventavano contrappunti e, ovviamente, eseguivano i loro straordinari assoli. Non usavano mai spartiti, era tutto nella loro testa, i motivi non avevano spesso titoli. Il repertorio del quintetto comprendeva brani frutto delle passate jam-session come A Night in Tunisia (), Salt Peanuts (), Epistrophy (), 'Round About Midnight (), Swingmatism e nuovi brani elaborati al Three Deuces come A Dizzy() Atmosphere, , Groovin' High, Anthropology e Shaw Nuff (), quest'ultimo in onore di Billy Shaw. Erano tutti pezzi basati sulla struttura armonica di brani già popolari: I Got Rhythm fornì l'intelaiatura armonica a Red Cross, A Dizzy Athmosphere (), Anthropology () e Fifty-Second Street Theme (). Groovin' High () si basò su Whispering, What is This Thing Called Love divenne Hot House (), Byas a Drink si trasformò in Stompin' at the Savoy e Ice Freezes in Indiana che, a sua volta diventerà Donna Lee.
Chi Chi
() fu dedicato alla migliore amica di Symphony Sid, il primo disk-jockey ad apprezzare la «nuova musica», Scrapple from the Apple era un misto di I Got Rhythm e Honeysuckle Rose. Il repertorio bop andava arricchendosi di brani che erano «esplosioni di pura energia musicale»[16].

Per la maggior parte delle persone, recarsi al Three Deuces era una sorta di shock e nessuna rivista americana parlò bene della «nuova musica». Gli accordi alterati eseguiti in tempi rapidissimi risultavano pressoché incomprensibili anche ai critici di jazz più esperti i quali non intuirono che quella musica non andava giudicata con il metro solito attraverso il quale erano abituati a valutare. Apprezzarono solo le doti strumentali degli alfieri del Bop, ma presero a chiamare la loro musica «non-jazz» o «anti-jazz», lamentando una cronica mancanza di swing e di comunicativa negli assoli di Gillespie e Parker che, a loro volta, poco fecero per cercare di spiegare la loro arte. Famosa è rimasta una descrizione del differente fraseggio di Dizzy e Bird da parte di un noto critico: «La versione di Parker del Bebop varia da quella di Dizzy solo per il fatto che lui suona su e giù le scale cromatiche in tutte le tonalità»[17]. Charlie avrebbe citato per anni questa frase, ammonendo spesso i suoi musicisti di «stare attenti alle scale cromatiche»[18]. Anche jazzisti di primo piano in quegli anni lanciarono accuse velenose alla nuova musica. Tommy Dorsey affermò che: «Il Bebop riporta indietro la musica di almeno venti anni»[19]. Louis Armstrong, addirittura, disse che i boppers suonavano accordi sbagliati, mentre John Hammond definì il Bop: «una collezione di clichés nauseanti, ripetuti ad infinitum»[20]. I protagonisti della rivoluzione non se la prendevano più di tanto e, anzi, spesso sorridevano di fronte a tanta approssimazione nei giudizi. Ma, nonostante tutto, il Bebop alla fine del 1944 si impiantò definitivamente nella Cinquantaduesima Strada dove il gruppo di Parker e Gillespie divenne l'attrazione principale. Le notti al Three Deuces erano ormai note in tutti gli Stati Uniti e i musicisti delle band che arrivavano a lavorare a New York erano disposti anche a rinunciare al loro ingaggio pur di ascoltare Bird e Diz, nella speranza di partecipare a una jam-session con loro.

Il Bebop ebbe delle conseguenze sociali non indifferenti e proprio al 1944 si può far risalire la nascita del movimento degli hipster, composto da persone emarginate, anticonformiste, più ciniche che realmente ribelli, deluse dalla fine della Seconda Guerra Mondiale che aveva promesso e non dato ai neri. Gli hipster esaltavano lo stile di vita dei bopper, così libero da ogni condizionamento e fu, in particolare, Parker il loro primo simbolo. Il soprannome di Charlie, Yardbird, poi abbreviato in Bird, dava proprio l'idea del volo, di leggerezza, di orizzonti senza limiti, esaltando i seguaci del musicista di Kansas City. Il movimento, iniziato come un club di fan, divenne un culto vero e proprio. Ne era a capo Dean Benedetti (1922 - 1957), californiano arrivato a New York nell'autunno del 1944, abile suonatore di strumenti ad ancia ed, in particolare, del sax alto che aveva suonato in orchestre di San Francisco e Los Angeles. Dopo aver ascoltato le performance di Parker ed aver inutilmente cercato di imitarlo usando le sue stesse ance, il suo stesso tipo di imboccatura, il medesimo modo di tenere lo strumento, capì che il modo in cui Bird suonava non era una questione di stile, di metodo o di virtuosismo: era la vita di quell'uomo, era tutto ciò che Charlie provava, erano le sue esperienze musicali e non che lo portavano ad esprimersi in quel modo. Benedetti decise, quindi, di smettere di suonare il sax alto e di dedicare la sua vita a seguire Parker e a registrare tutti i suoi assoli con un registratore portatile anteguerra di fabbricazione tedesca. Non era granché in quanto a fedeltà, ma Dean imparò a farlo lavorare al massimo delle sue possibilità. Seguiva Bird ovunque, al Three Deuces, al Monroe's e nelle serate fuori città, escogitando ogni sistema per registrare, anche quando i proprietari dei locali tentavano di fermarlo. Dean divenne molto amico di Charlie che, grazie al movimento degli hipster, si sentì più sicuro si sé e la sua vita, già caratterizzata da una serie di sfizi senza fine (cibo, alcool, droghe, sesso), divenne ancor più una sfida ai limiti della resistenza umana, sempre con la musica, però, al di sopra di tutto.


 

1946: Norman Granz, il Bebop nella West Coast, i Bebop  Boys 

All'inizio del 1946 Norman Granz (Los Angeles, CA 6 ago 1918 - Geneva, Switzerland 22 nov 2001), un impresario californiano, organizzò un grande concerto da tenersi al Philharmonic Auditorium di Los Angeles, un posto decisamente brutto dove da circa trent'anni veniva elargita musica "colta" al pubblico della California del sud. Granz voleva ricreare l'atmosfera magica delle jam-session per un pubblico più vasto e la scelta ricadde sul Philharmonic Auditorium per la sua grande capienza: circa duemilaottocento posti.

Il 29 gennaio, data del concerto, il Philharmonic era tutto esaurito per ascoltare una formazione comprendente parecchi jazzisti famosi: il trombettista Al Killian 
(Birmingham, AL 15 ott 1916 - Los Angeles, CA 5 set 1950) (ex Basie, Barnett e Hampton) specialista dei sovracuti, Willie Smith (William McLeish Smith: Charleston, SC 25 nov 1910 - Los Angeles, CA 7 mar 1967) (ex Lunceford) e nientemeno che Lester Young, da poco tornato sulle scene del jazz, al sax tenore. Al concerto parteciparono anche Parker e Gillespie che ebbero l'opportunità di sfoderare i loro assoli bop davanti ad una platea così ampia. Era, tra l'altro, la prima volta che Bird suonava con il suo maestro Lester Young e aspettò con rispetto che Lester attaccasse il primo assolo per scoprire, purtroppo, di non trovarsi più di fronte al musicista che tanto lo aveva entusiasmato nelle notti al Reno Club di Kansas City: era invecchiato e l'esperienza militare gli aveva tolto qualcosa della sua creatività. Il concerto ebbe un successo straordinario tanto che Granz cominciò a pensare ad un progetto ancor più ambizioso: organizzare grandi concerti di jazz in giro per il mondo. Nacque così l'idea di «Jazz at the Philharmonic» che portò il jazz nelle grandi sale da concerto e che consentì anche ad un pubblico diverso da quello dei club di fruire questa musica. Parker partecipò anche al secondo concerto di «Jazz at the Philharmonic» nell'occasione del quale vennero consegnati i premi di Down Beat a Willie Smith (sax alto) e Charlie Ventura (sax tenore) (Charles Venturo: Philadelphia, PA 2 dic 1916 - Pleasantville, NJ 17 gen 1992). Charlie e Lester Young, trascurati da Down Beat, si presero una clamorosa rivincita sul campo: Lester demolì Ventura, mentre Bird, suonando a livelli straordinari, soverchiò tutti. Il suo assolo in Lady Be Good è una delle sue performance migliori. John Lewis (John Aaron Lewis: La Grange, IL 3 mar 1920 - 29 mar 2001) disse in proposito: «Bird ha trasformato "Lady Be Good" in un blues. E quell'assolo ha fatto invecchiare musicalmente tutti gli altri in scena quella sera» [1]. Il successo del secondo concerto fu ancor più grande del primo e il pubblico si mise addirittura a ballare in platea, con la conseguenza che il Philharmonic Auditorium non fu più concesso a Norman Granz. Il nome della sala, comunque, continuò ad identificare quella organizzazione musicale.
 

Il gruppo di Parker e Gillespie chiuse al Billy Berg il primo lunedì di febbraio e nei giorni successivi Bird e Dizzy, assieme al batterista Stan Levey (Philadelphia, PA 5 apr 1926), Ray Brown e George Handy (George Joseph Hendleman: New York, 17 gen 1920 - Harris, NY, 8 gen 1997) (pianista e arrangiatore della Boyd Raeburn Orchestra) si incontrarono per incidere un disco per una nuova etichetta di Hollywood, la Dial lanciata da Ross Russell. Purtroppo i musicisti pensarono a tutto tranne che al lavoro da realizzare e il progetto non fu portato a termine.
 

Intanto i contratti californiani erano giunti alla loro scadenza e i jazzisti, stanchi di percorrere distanze lunghissime nella West Coast e annoiati dalla monotonia di Los Angeles, decisero di tornare a New York. Del gruppo dei partenti, assieme a Gillespie, avrebbe dovuto far parte anche Parker il quale, però, all'ultimo momento non si presentò sull'aereo che avrebbe trasportato gli altri musicisti e prolungò la sua permanenza in California. Bird trovò un lavoro presso un modesto club appena aperto. Si chiamava Finale, si trovava al 115 Sud di S.Pedro Str. ed era di proprietà di Foster Johnson. La straordinaria personalità di Charlie fece in modo che nel giro di pochi giorni il Finale diventasse il «Minton's della West Coast», attirando jazzisti del posto e di fuori tra i quali Stan Getz, Gerry Mulligan, Red Roney, Hampton Hawes, Serge Chaloff, Shorty Rogers, Ralph Burns, Johnny Bothwell, Gerald Wilson, Sonny Criss, Charlie Ventura e Miles Davis che si trovava a Los Angeles a suonare con l'orchestra di Benny Carter. Probabilmente le jam-session del Finale furono le migliori d'America nel 1946, Cinquantaduesima Strada e Minton's di New York compresi.
Fu in questo periodo che Ross Russell ascoltò con attenzione le evoluzioni di Parker e i due cominciarono a prendere accordi per le future incisioni.

Ross Russell aveva aperto nell'estate del 1945 un negozio di dischi, il «Tempo Music» situato al 5946 di Hollywood Boulevard, e in breve tempo la sua raccolta di dischi entrò a far parte del repertorio dei collezionisti. In principio Russell pensava di vendere jazz classico, ma la continua presenza nel negozio di hipster e fanatici del Bebop trasformarono il Tempo nel quartier generale della «nuova musica». Dean Benedetti fu uno dei più assidui frequentatori del Tempo e, appena arrivato a Los Angeles, cominciò a far ascoltare le sue bobine a tutti gli appassionati facendo una grande pubblicità al Bebop. Il bollettino mensile del negozio, Jazz Tempo, annunciò con un grande titolo: «Il Bebop invade il West».
Su una parete Russell raccoglieva gli autografi dei personaggi importanti che visitavano il Tempo e dopo neanche un anno di vita ce ne erano già di notevoli: Lester Young, Nat King Cole, Miles Davis, André Previn, Burl Ives, Earl Robinson, Cisco Houston, Moe Asch, Gerry Mulligan, Howard McGhee, Stan Getz, Dave Dexter, George Avakian, Boyd Raeburn, Kid Ory, Norman Granz,  Red Rodney e Charlie Parker.
Ross Russell abbandonò gradualmente il jazz tradizionale convincendosi che il Bop era la strada da seguire e, resosi conto che nessuna casa discografica era impegnata a incidere con continuità la «nuova musica», decise di farlo lui stesso. Nacque così l'etichetta Dial, alla realizzazione della quale collaborò anche Marvin Freeman, avvocato di Los Angeles e socio di Russell. Fu lo stesso Charlie Parker a presentarsi dal proprietario del Tempo ed a mostrarsi disponibile alla collaborazione con la Dial, gettando così le basi per una serie di incisioni che rimarranno nella storia del jazz. Già dopo il primo incontro tra Russell e Bird scaturì la firma di un contratto nel quale il sassofonista di Kansas City si impegnava ad incidere per il periodo di un anno per la Dial Records che, a sua volta, garantiva la realizzazione di almeno dodici facciate di venticinque centimetri con Charlie a capo del complesso e in veste di solista principale. Un martedì pomeriggio alla fine di marzo, Bird riunì gli uomini scelti per la prima incisione al Radio Recorders in Santa Monica Boulevard a Hollywood: Miles Davis alla tromba, Lucky Thompson
(Eli Thompson: Columbia, SC 16 giu 1924) al sax tenore, Dodo Marmarosa (Michael Marmarosa: Pittsburgh, PA 12 dic 1925) al piano, Arv Garrison (Toledo, OH, 1922 - 1960) alla chitarra, Vic McMillan al basso e Roy Porter (30 lug 1923 - 1997) alla batteria. La scelta di Miles è particolarmente significativa: Charlie non voleva più saperne di suonare con Dizzy Gillespie e ricercava uno strumentista in grado di suonare più legato e con un timbro più caldo, proprio le caratteristiche di Davis. Gli altri musicisti furono selezionati al Finale Club. Il primo brano registrato fu Moose the Mooche, dedicato a Mr. Byrd, pezzo allegro, vivace. Si proseguì con Yardbird Suite (), un arrangiamento del vecchio What Price Love? e con Ornithology (), brano costruito sulle armonie di How High the Moon, per concludere con A Night in Tunisia. In quest'ultimo pezzo Bird si esibì la prima volta in un inciso stupendo, ma sfortunatamente c'erano troppi errori degli altri. Dopo averlo riascoltato lo stesso Parker disse: «Non lo rifarò più così» [2]. E realmente non riuscì più a suonare come in quella prima versione. La seduta si concluse alle nove di sera, dopo sette ore di lavoro, con Charlie che aveva lavorato con una disciplina mai dimostrata fino a quel momento. Il risultato di questa prima incisione per la Dial fu sicuramente buono grazie alle performance di tutti i musicisti. Miles non suonò dei grandi assoli, ma con il suo timbro riuscì a dare colore agli insiemi, proprio come nelle intenzioni di Bird. Ricorderà Davis: «Penso che tutti suonarono molto bene durante quella registrazione, a parte me. Quella fu la mia seconda registrazione con Bird, ma non so proprio perché non riuscii a suonare come avrei potuto. Forse ero nervoso. Non è che abbia suonato in modo osceno. E' che avrei potuto suonare molto meglio» [3].
La seduta produsse quattro brani dalle caratteristiche molto diverse, ma quello meglio riuscito fu sicuramente Ornithology che divenne un simbolo del Bebop. Grazie anche a questa incisione, tre dei presenti avrebbero vinto il premio destinato alle «New Stars» del 1946 in Down Beat: Dodo Marmarosa, Miles ()Davis e Lucky Thompson.

La Dial propose di costituire una casa editrice con lo scopo di tutelare legalmente e di pubblicare i temi di Parker il quale, però, non restituì mai la copia dell'accordo con la sua firma, perdendo ogni diritto sui brani. La Dial, inoltre, stipulò un contratto con Charlie per il quale Bird avrebbe ricevuto due cents a facciata per ogni disco contenente sue composizioni originali venduto. Il disco contenente Ornithology (Dial 1002) fu lanciato sul mercato ai primi di aprile con A Night in Tunisia sul retro e tutto lasciava presagire una continuazione serena del rapporto tra Parker e la Dial. Ma Charlie, ancora una volta, ne combinò una delle sue: firmò un documento nel quale cedeva la metà dei soldi ricevuti dalla casa discografica a Emery Byrd, il suo fornitore di droga, facendo chiaramente capire a Ross Russell e Marvin Freeman quanto difficile fosse avere a che fare con Bird.


Subito dopo la prima incisione per la Dial il club Finale venne chiuso in quanto considerato locale dove si spacciava la droga. Ricorda Miles: «La Polizia aveva chiuso il Finale perché dicevano che laggiù si spacciava, ed era vero. Ma loro non avevano mai incastrato nessuno. Così lo chiusero solo su indizi»
[4]. Howard e Dorothy McGhee, gestori in quel periodo del Finale, dopo varie vicissitudini riuscirono a far riaprire il locale in maggio e Parker ebbe di nuovo un lavoro insieme a Dodo Marmarosa, Red Callender (George Sylvester Callender: Haynesville, VA 8 mar 1916 - Saugus, CA 8 mar 1992), Roy Porter (30 lug 1923 - 1997) e lo stesso Howard McGhee (Tulsa, OK, 6 mar 1918 - New York, 17 lug 1987) alla tromba.

Charlie stava cercando di tirarsi fuori dal tunnel della droga, anche perché Emery Byrd era stato arrestato, ma continuava a bere alcolici e a condurre, in generale, una vita completamente sregolata che lo stava portando a distruggersi davanti agli occhi di tutti. Le sue condizioni di salute erano veramente pessime quando, il 29 luglio 1946, presso lo studio C.P. MacGregor, ebbe luogo la seconda seduta di incisione con la Dial. Gli altri musicisti furono riuniti con molta fretta: Howard McGhee alla tromba, Jimmy Bunn al piano, Roy Porter alla batteria, Bob Dingbod Kesterson al basso. La seduta sarebbe rimasta nella storia del jazz: si cominciò con Max is Making Wax, ma tutti i presenti si resero subito conto che Bird non riusciva a suonare in maniera accettabile. Richard Freeman, medico e fratello minore di Marvin, dopo aver scambiato qualche parola con Charlie e verificato che il sassofonista era denutrito e in preda ad alcolismo acuto, prese la borsa e gli diede sei pillole di fenobarbital. Dopo qualche minuto Parker disse che voleva provare a suonare Lover Man () e si riprovò a registrare. Quello che ne scaturì è una delle incisioni di Bop più famose: dopo una lunga introduzione di piano finalmente Bird inizia a suonare, ma con diverse battute di ritardo sull'inizio del giro armonico. Ross Russell scriverà: «Il timbro di Charlie era più consistente. Era però stridente e angoscioso. Il fraseggio rivelava l'amarezza e le frustrazioni di tutti quei mesi in California. Le note avevano una solennità triste. Erano note che venivano da un incubo. Ci fu un'ultima frase quasi sinistra, sospesa, incompiuta, e poi il silenzio. In regia eravamo imbarazzati, turbati, ma anche profondamente coinvolti. Non perdemmo tempo a riascoltare il pezzo»
[5]. Quelli nei quali avvenne la registrazione di Lover Man () furono gli unici minuti, quel giorno, nei quali Bird riuscì a esprimersi ai suoi livelli, lasciandoci una incisione che è oggi considerata una delle pietre miliari del Bebop. I successivi tentativi di suonare The Gypsy e Bebop andarono falliti con Parker che, dopo aver gradualmente perso i suoi riflessi, si lasciò cadere su una sedia. Fu portato nella sua camera al Civic Hotel, dietro l'angolo del Finale, dove, dopo essere sceso per due volte nell'atrio completamente nudo (indossava solo un paio di calzini), provocò un incendio al suo materasso che si stava allargando al letto e a tutta la stanza. Presto arrivarono i pompieri che invasero la camera con asce e idranti, mentre la Polizia si occupò di Bird del quale non si ebbero notizie per dieci giorni.
Charlie era stato trasferito alla guardia psichiatrica locale in attesa di essere giudicato dal tribunale. Fu imputato di atti contrari al buon costume, resistenza a pubblico ufficiale, sospetto d'incendio doloso. Marvin Freeman riuscì a far giudicare Parker in un tribunale dove il giudice era il giovane Stanley Mosk (1913 - luglio 2001), noto per le sue idee liberali. Mosk, appurato che Bird non era affetto da malattie mentali pericolose, ordinò di portarlo al Camarillo State Hospital per un periodo di almeno sei mesi al termine dei quali il caso sarebbe stato riesaminato. La permanenza al Camarillo restituì a Charlie un buon stato di salute e, nel gennaio del 1947, il sassofonista di Kansas City tornò in libertà, pronto per ricominciare a suonare.


Intanto Miles Davis si trovava ancora a Los Angeles dove aveva fatto amicizia con diversi musicisti tra i quali Lucky Thompson (il suo amico più importante nel periodo della West Coast), Charles Mingus
(Nogales, AZ 22 apr 1922 - Cuernavaca, Mexico 5 gen 1979) e Art Farmer (Arthur Stewart Farmer: Council Bluffs, IA 21 ago 1928  - New York, Oct 4 ott 1999). In una città che stava attraversando grandi difficoltà economiche, Miles lavorò nell'estate del 1946 con lo stesso Lucky Thompson in un posto che si chiamava Elks Ballroom. Il bassista del gruppo era Charles Mingus (altro personaggio destinato a un futuro importante), con il quale, nello stesso periodo, Davis incise l'album Mingus and His Symphonic Airs. Alla fine di agosto arrivò a Los Angeles l'orchestra di Billy Eckstine il quale, trovandosi senza la prima tromba (Fats Navarro era rimasto a New York), assunse Miles. La band di Eckstine nelle versione West Coast 1946 era così composta:


Sonny Stitt
, Gene Ammons, Cecil Payne, sassofoni
Linton Garner, piano
Tommy Potter, basso
Art Blakey, batteria
Miles Davis, Hobart Dotson, Leonard Hawkins, King Kolax, trombe


La band di Eckstine non era, in questa versione, così rivoluzionaria come lo era stata ai tempi di Dizzy e Bird, ma comprendeva diversi musicisti che avevano già una mentalità moderna e che in quei mesi ebbero modo di scambiare le loro esperienze musicali. Tra questi si segnalano Sonny Stitt
(Edward Stitt: Boston, MA 2 feb 1924 - Washington, D.C. 22 lug 1982), sassofonista che arrivò a suonare l'alto in maniera molto simile a Parker (anche se secondo Miles: «aveva più lo stile di Lester Young» [6]), Tommy Potter (Charles Thomas Potter: Philadelphia, PA 21 set 1918 - mar 1988) e Art Blakey (Abdullah Ibn Buhaina: Pittsburgh, 11 ott 1919 - New York, 16 ott 1990). Per tutti questi musicisti, inoltre, suonare con Mr.«B» che era ormai un divo a livello di Frank Sinatra, Nat «King» Cole e Bing Crosby, significò aumentare la notorietà in maniera notevolissima.
 

La band di Eckstine suonò in tutta la California, nonostante la crisi economica che stava via via costringendo le grandi orchestre a chiudere e i suoi componenti, quando erano liberi, suonavano la loro musica più moderna nei locali dove si svolgevano  le jam-session. Tra questi Finale continuava ad essere il locale leader e Los Angeles poteva considerarsi ormai una città dove il Bebop aveva una storia. Alla fine dell'autunno la «B» band riprese la strada di New York e Miles Davis decise di tornare anch'egli dall'altra parte degli Stati Uniti, nonostante l'opposizione di Charles Mingus che lo accusava di abbandonare il suo maestro Charlie Parker al Camarillo. Ma Miles partì con l'orchestra che, dopo aver fatto tappa a Chicago, Cleveland e Pittsburgh, arrivò a New York pochi giorni prima di Natale.


La dirompenza con la quale il Bebop riuscì ad imporsi nella West Coast è una chiara dimostrazione della forza di questa musica e dal 1946 anche a Los Angeles i musicisti tentarono in maniera sempre più convincente di imitare i fraseggi di Parker e Gillespie, inventando nuovi modi di suonare i loro strumenti.


Oltre ai musicisti già citati che ravvivarono le jam-session in terra californiana, è doveroso ricordare che in quel periodo a Los Angeles cominciava a farsi conoscere un sassofonista che forse più di tutti i suoi colleghi riuscì a suonare il tenore in modo moderno: Wardell Gray
(Oklahoma City, OK 13 feb 1921  - Las Vegas, NV, 25 mag 1955), musicista che con Dexter Gordon e Gene Ammons (Chicago, IL, 14 apr 1925 - Chicago, IL, 6 ago 1974) riuscì a conciliare gli stili di Lester Young e di Parker, attribuendo al sax tenore quella voce strumentale che «a un certo punto parve obbligatoria per tutti» [7].


New York, dopo la chiusura di numerosi club avvenuta alla fine del 1945, visse nel 1946 un anno di transizione, visto che i grandi protagonisti del Bebop, per diversi mesi, si trasferirono sulla West Coast, ma ciò non impedì alla «nuova musica» di dire qualcosa di importante anche sulle coste dell'Atlantico. Appena tornato da Los Angeles, Dizzy Gillespie volle tentare una nuova avventura con la creazione di una grande orchestra. La compagine ottenne subito un buon successo grazie anche agli ottimi arrangiamenti realizzati da Gil Fuller, Tadd Dameron e John Lewis. Fra i solisti spiccavano Kenny Clarke, Milton Jackson, il trombettista Dave Burns, il tenorsassofonista JThings to come ()ames Moody e il contrabbassista Al McKibbon. Dal giugno del 1946 l'orchestra cominciò ad incidere per la Musicraft. La maggior parte degli arrangiamenti utilizzati per la prima incisione erano stati realizzati per un'altra orchestra che Gillespie (spinto da Billy Shaw) aveva messo su nel giugno del 1945 e che aveva riscosso poco successo. Si Trattava di brani come Ray's Idea, One bass hit, Ooop-bop-sh'bame e . Quest'ultimo pezzo fu particolarmente apprezzato e, nel suo tempo velocissimo, mostrò chiaramente la potenzialità del nuovo jazz, facendo conoscere al pubblico le grandi doti di arrangiatore di Fuller, il primo a tradurre il Bop in versione orchestrale. L'orchestra suonò, prima della fine dell'anno, all'Apollo e al Savoy di Harlem, al Paradise di Detroit e all'Howard di Washington. Nel 1946, inoltre, cominciò a manifestarsi per quello che realmente valeva, il talento di uno dei più straordinari solisti di Bebop, ultimo in ordine di tempo tra gli ideatori della «nuova musica» a farsi conoscere: il pianista Bud Powell.


Bud Powell nacque a New York nel 1924 e immediatamente si fece notare per le sue qualità musicali. Studiò il pianoforte per una decina di anni dedicandosi ai classici, ma, nel momento in cui dovette cominciare a guadagnare, il jazz fu una scelta obbligata. Cominciò a suonare per lavoro a quindici anni dopo aver abbandonato la scuola media, facendosi le ossa nei locali di Greenwich Village e di Harlem. Suonò successivamente per Valaida Snow
(Chattanooga, TN 2 giu 1903 - New York, NY 30 mag 1956), una trombettista e cantante che ebbe un discreto successo in Europa e ottenne il primo ingaggio di rilievo nel 1943 quando fu assunto nel complesso di Cootie Williams (Charles Melvin Williams: Mobile, AL 24 giu 1910 - New York, 14 set 1985) con il quale incise i primi dischi per l'etichetta Hit, mostrando di non essersi ancora liberato dall'influenza dei vecchi pianisti di jazz e di non aver trovato, al momento, un suo stile. Intanto il giovane Bud era già comparso al Minton's nel 1941 al seguito di Monk, ma in pochi gli prestarono attenzione. Monk fu per Powell il primo esempio da seguire, ma amava molto anche Art Tatum, Earl Hines e Billy Shaw.

Le prime chiare indicazioni dello stile di Powell si ebbero quando, sempre con il complesso di Cootie Williams, incise Blue Garden Blues (): siamo nell'agosto del 1944 e Bud suona già del Bebop. Le quotazioni del pianista newyorkese stavano salendo nell'ambiente dei musicisti, tanto che, come già detto, Dizzy Gillespie e Oscar Pettiford
(Okmulgee, OK, 30 set 1922 - Copenhagen, 8 set 1960) pensarono subito a lui quando stavano mettendo su il quintetto che avrebbe portato la «nuova musica» nella Cinquantaduesima Strada, ma Cootie Williams gli impedì di accettare l'offerta e Powell perse l'occasione di suonare in quel fantastico gruppo. Altri problemi impedirono a Bud di arrivare a suonare nella Strada: nel 1945 fu arrestato per la prima volta a Filadelfia dopo aver bevuto troppo scatenando un putiferio; dopo qualche settimana fu ricoverato in un istituto psichiatrico a Long Island, dove rimase internato per dieci mesi.
Solo nel 1946 Powell lavorò stabilmente nella 52° Strada nel gruppo di John Kirby
(Baltimore, MD, 31 dic 1908 - Hollywood, CA, 14 giu 1952) e prese parte a numerose sedute di incisione al fianco di alcuni dei più autorevoli esponenti del jazz. I gruppi con i quali nel 1946 Bud incise furono riuniti sotto i nomi di Dexter Gordon, di J.J. Johnson, di Sonny Stitt e di Kenny Clarke, tutti personaggi con i quali si era trovato a suonare nella Strada. Ora il suo stile è veramente personale e innovativo. Tra quelli incisi, i brani dove Bud raggiunge i suoi massimi livelli sono Fat Boy, Webb City, Epistrophy e Royal Roost, registrati per la Swing con il complesso di Kenny Clarke.


Dal 1946 la discografia bop cominciò ad essere sempre più ricca, le incisioni della «nuova musica» non erano più un fatto sporadico e, cosa importante, si registrò ottima musica anche con gruppi non comprendenti Charlie Parker e Dizzy Gillespie che, fino a quel momento, erano sempre stati presenti, da soli o in coppia, nella realizzazioni dei dischi che hanno fatto la storia del Bobop. Tra le incisioni importanti di quell'anno, vanno citate quelle di Fats Navarro per la Savoy realizzate il 6 settembre (con Kenny Dorham, Sonny Stitt, il tenorsassofonista Morris Laine, il baritonista Eddie De Verteuil, Bud Powell, il bassista Al Hall, Kenny Clarke) e il 20 dicembre (con il tenorsassofonista Eddie "Lockjaw" Davis, il pianista Al Haig, il chitarrista Huey Long, il bassista Gene Ramey
(Austin, TX 4 apr 1913 - Austin, TX 8 dic 1984), il batterista Denzil "DeCosta" Best) nelle quali  «Fat Girl» dimostra di essere ormai il trombettista bop leader della nuova generazione.

Importanti sono anche i dischi dei gruppi denominati The Bebop Boys, nome generico che include vari complessi condotti di volta in volta da Charlie Parker, Stan Getz, Fats Navarro, Sonny Stitt, Bud Powell, Kenny Clarke, Dizzy Gillespie ed altri. I Bebop Boys (nelle loro varie formazioni) ci hanno lasciato registrazioni fantastiche di puro Bebop e le due prime incisioni avvenute sotto questa denominazione sono proprio del 1946 (sempre per la Savoy), una effettuata il 23 agosto (con Kenny Dorham, Sonny Stitt, Bud Powell,
Al Hall e i batteristi Wally Bishop e Kenny Clarke), l'altra realizzata il 25 settembre (con Ray Brown, Dizzy Gillespie, il trombettista Dave Burns, l'altosassofonista John Brown, il tenorsassofonista James Moody, il pianista Hank Jones, Milt Jackson, il batterista Joe Harris) entrambe ricche di brani costruiti sulle armonie di I Got Rhythm dove gli esecutori riescono a dare il meglio di loro.

 


 

1947: Le incisioni storiche di Bird, il Charlie Parker Quintet a New York 

 

Nel 1947 il Bebop era una realtà che non poteva più passare inosservata a chiunque si occupasse di jazz e anche i musicisti della vecchia guardia erano ormai coscienti del fatto che con la «nuova musica» bisognava comunque fare i conti. Si cominciò ad analizzare il nuovo linguaggio per capire cosa realmente lo differenziasse rispetto al jazz conosciuto fino a quel momento. Molti parlarono di rivoluzione, altri di "aberrazione", mentre  i jazzisti della vecchia scuola continuarono ad essere molto severi. Louis Armstrong disse: «Tutto quello che vogliono fare è dell'esibizionismo, e ogni vecchio trucco è buono purché sia differente da quello che voi avete suonato fino adesso. Così tirano fuori tutti quegli accordi strampalati che non significano niente, e in principio la gente prova della curiosità soltanto perché si tratta di una novità, ma poi si stanca perché non è veramente buona; non c'è nessuna melodia che si possa ricordare e nessun ritmo regolare su cui si possa ballare. E così tornano ad essere di nuovo poveri e non c'è lavoro per nessuno, e questo è quanto vi ha combinato la malizia moderna» [1].

L
a verità era molto diversa in quanto il Bebop non solo aveva contribuito a far progredire il jazz dal punto di vista melodico, armonico e ritmico, ma, soprattutto, aveva portato la musica afro-americana verso una purezza che si era andata perdendo nell'era dello Swing quando le orchestre più popolari d'America (costituite per lo più da bianchi) suonavano musica industrializzata e stereotipata, essenzialmente da ballo.

Già nel 1947 erano chiare le caratteristiche fondamentali della «nuova musica». I temi dei brani composti dai boppers erano «melodie bizzarre, difficilmente orecchiabili, costruite con frasi "staccate", zigzaganti, estremamente dinamiche, caratterizzare da intervalli fino allora inconsueti; frasi che si reggono, collegandosi fra loro, in un equilibrio instabile, che sulle prime sconcerta. Molto spesso i nuovi temi erano tanto diversi da quelli sulle cui armonie erano fondati da meritare un nuovo titolo ed essere esclusivamente attribuiti agli autori della elaborazione, e cioè i solisti» [2].
Anche i giri armonici più tradizionali nel jazz vennero rinnovati e arricchiti attraverso l'alterazione di accordi, le sostituzioni e l'uso dei cromatismi, che portarono, soprattutto con Parker, ai confini della politonalità.

Dal punto di vista ritmico «una metrica più libera, peraltro inquadrata nei sacramentali 4/4, una più varia e capricciosa scansione, che dà respiro alle pause e rende espressivi i silenzi, sono le caratteristiche salienti delle frasi bop, che per il variare continuo dell'accentazione, prima di allora uniforme, assumono un andamento disarticolato e dinamico. Il sottofondo ritmico si anima di mille disegni diversi e fa lievitare gli assoli, che sostiene, sottolinea e commenta in tanti modi; a ben vedere, anzi, non è nemmeno più il caso di parlare di sottofondo perché nel Bop la sezione ritmica cessa di avere il ruolo subordinato che le era stato assegnato in passato, per intervenire con autorità e fantasia nella creazione del discorso musicale» [3].

Lennie Tristano (Leonard Joseph Tristano: Chicago, 19 mar 1919 - New York, 18 nov 1978), uno dei più rilevanti musicisti bianchi che si siano dedicati alla «nuova musica» sintetizza: «Lo swing era caldo, pesante, rumoroso. Il Bebop è fresco, leggero e soffice. Il primo procedeva sferragliando e sbuffando come una vecchia locomotiva... il secondo ha un beat più sottile, che diventa più pronunziato per mezzo dell'implicazione. A un così basso livello di volume si possono introdurre accenti interessanti e complessi... [...] A differenza di una sezione ritmica che scandisce pesantemente ogni accordo, quattro colpi per misura, così tre o quattro solisti possono suonare lo stesso accordo... la sezione ritmica bebop usa un sistema di punteggiatura ad accordi. In questo modo, il solista è in grado di udire l'accordo senza sentirselo cacciare in gola. Può pensare, mentre suona...» [4].

«Gli unisoni fra due (o anche più) strumenti a fiato, per esporre il tema all'inizio e alla fine dell'esecuzione, i tempi velocissimi staccati spesso dai boppers, col conseguente virtuosismo di tutti gli strumentisti (certe volate di semicrome dei trombettisti bop, su tempi veloci, lasciarono senza fiato gli intenditori, le prime volte che le sentirono), i bruschi arresti, gli improvvisi "a capo", i salti di un'ottava, il frequente ricorso al canto scat [5], divenuto caricaturale, grottesco, la predilezione infine per le armonie dissonanti e per l'intervallo di quinta diminuita, il quale finì per assumere, nel bop, l'importanza e il valore caratterizzante che hanno le blue notes nella melodia del blues, erano altri tratti distintivi del nuovo jazz, ai quali i suoi praticanti restarono, per qualche tempo, assolutamente fedeli» [6].

Il 1947 ci restituisce un Charlie Parker in buona salute. Dopo i sei mesi trascorsi al Camarillo, Bird si sentiva pronto a riprendere la sua attività musicale. Nel mese di febbraio ricominciò ufficialmente a suonare nel gruppo di Howard McGhee (Tulsa, OK, 6 mar 1918 - New York, 17 lug 1987) al Club Hi De Ho nella Western Avenue di Los Angeles, dimostrando di non aver perso lo smalto dei suoi giorni migliori e, dopo aver appreso che a New York i locali della Cinquantaduesima Strada erano di nuovo aperti e molto frequentati, decise di tornare, alla fine dell'inverno, sulle coste dell'Atlantico dove, Dizzy Gillespie era diventato il protagonista assoluto della «nuova musica». Ross Russell (Los Angeles, 1920 - 31 gen 2000), comunque, riuscì a strappare a Charlie la promessa di realizzare un'ultima registrazione per la Dial in terra californiana e Bird, una volta tanto, fu di parola.

La seduta d'incisione conclusiva per la Dial fu sdoppiata, grazie ad uno strano concorso di circostanze, in due giornate. Ross Russell aveva riunito i migliori jazzisti disponibili nella California del sud in quel periodo: Howard McGhee, tromba; Wardell Gray (Oklahoma City, 13 feb 1921 - Las Vegas, 25 mag 1955), l'entusiasmante nuovo sax tenore della Billy Eckstine Orchestra; Dodo Marmarosa, piano; Barney Kessel (Muskogee, OK, 17 ott 1923), chitarra; Red Callender (George Sylvester Callender: Haynesville, VA, 8 mar 1916 - Saugus, CA, 8 mar 1992), basso e Don Lamond (18 ago 1920), batteria. Ma Bird, all'ultimo momento, disse che avrebbe voluto inserire nel gruppo un cantante conosciuto in un Club della Central Avenue, un certo Earl Coleman (Port Huron, MI, 12 ago 1925 - New York, 14 lug 1995). La Dial non era nata con l'intento di produrre successi commerciali da juke-box, e Ross Russell, che non voleva intromissioni nel complesso che aveva organizzato per la seduta d'incisione, propose a Parker di registrare con Coleman in un giorno diverso e con un organico strumentale ridotto. Così il 17 febbraio Earl Coleman, Parker, Erroll Garner (Erroll Louis Garner: Pittsburgh, PA, 15 giu 1921 - Los Angeles, CA, 7 gen 1977) e la ritmica del suo trio si trovarono negli studi C.P. MacGregor.

N
elle prime due ore Coleman si sforzò al massimo delle sue possibilità per riuscire a portare a termine a buon livello solo due brani: Dark Shadows () e This Is Always (). Dopo l'ultima esecuzione di Dark Shadows Coleman non era più in grado di cantare nulla e, nella successiva mezz'ora, senza alcun tipo di preparazione, Bird inventò due pezzi: Bird's Nest (), basato su I Got Rhythm e Cool Blues (), riuscendo a effettuare sette esecuzioni. «Furono due dei suoi dischi migliori in assoluto. La collaborazione tra Charlie e Erroll riuscì a creare questa pagina unica nella discografia di Charlie: un tipo di musica dolce, distesa e cantabile. Quando Cool Blues fu lanciato un anno dopo in Francia, vinse il Grand Prix du Disque. In America fu un successo di stima, ma vendette piuttosto bene» [7].

La seduta d'addio, quella con il gruppo ideato da Ross Russell, si svolse una settimana più tardi, sempre negli studi C.P. MacGregor. Le premesse furono tutt'altro che buone: Charlie, già dalle prove del giorno precedente, pareva d'umore pessimo e il giorno della registrazione si presentò con un'ora di ritardo. Dopo varie discussioni tra Parker e Howard McGhee, la seduta ebbe inizio con circa due ore di ritardo. Il primo brano eseguito fu Relaxin' at Camarillo (), uno splendido blues che Bird aveva composto per l'occasione, suonato subito perfettamente da Charlie, ma non dai suoi colleghi che ebbero bisogno di cinque esecuzioni. Si proseguì con tre pezzi di McGhee: Cheers (), Stupendous (), Carvin' the Bird (). Produssero dei buonissimi assoli dello stesso Howard, di Dodo Marmarosa, di Barney Kessel e di Wardell Gray, e si concluse con altre quattro facciate di Parker il quale, appena terminato di suonare l'ultimo brano disse: «Questo è tutto. Quando appoggerò di nuovo la testa su un cuscino sarò a New York» [8].

Qualche giorno dopo Bird partiva in aereo alla volta di New York e Ross Russell si rese subito conto che, per effettuare altre incisioni con Charlie protagonista, era necessario spostare gli uffici della Dial dall'altra parte degli Stati Uniti.

Parker trovò a New York una situazione notevolmente diversa rispetto a quella che aveva lasciato sedici mesi prima. Il Bebop era una musica più apprezzata ed era stato adottato dalla generazione dei ghetti urbani sotto i trent'anni. In quasi tutte le grandi città dell'est erano stati aperti locali sul modello di quelli della Cinquantaduesima Strada, ma molto più grandi e comodi: l'Argyle Lounge di Chicago, El Sino di Detroit, altri a Boston, Philadelphia, Washington, Cleveland, St. Louis, Kansas City e Milwaukee. Anche dal punto di vista economico per i musicisti c'era stato un miglioramento notevole e diversi strumentisti che per anni avevano vissuto tra mille stenti (tra questi Lester Young), si ritrovarono a guadagnare somme di un certo rilievo. Tra i  jazzisti della «nuova musica» il più in vista era Dizzy Gillespie il quale, nel periodo di assenza di Charlie, aveva visto aumentare a dismisura la sua popolarità.

Il ritorno di Parker a New York, comunque, interessò subito i proprietari dei locali e immediatamente gli fu proposto un contratto della durata di quattro settimane (per ottocento dollari a settimana), con opzione di rinnovo, per un complesso di cinque elementi al Three Deuces. Bird scelse subito i suoi uomini: Miles Davis alla tromba, Max Roach alla batteria (ormai considerato il miglior percussionista in circolazione, secondo molti superiore anche a Kenny Clarke), Duke Jordan (Irving Sidney Jordan: New York, 1 apr 1922) al piano e Tommy Potter (Charles Thomas Potter: Philadelphia, PA, 21 set 1918) al contrabbasso. Il quintetto debuttò nel mese di aprile, alternandosi con il pianista Lennie Tristano. Ricorderà Miles: «Ero veramente felice di suonare ancora con Bird perché suonare con lui mi faceva uscire il meglio che avessi dentro in qualsiasi momento. Suonava in stili talmente differenti e non si ripeteva mai su un'idea musicale. La sua creatività e le sue idee erano senza fine. Faceva dannare la sezione ritmica ogni notte. Mettiamo che si suonasse un blues. Bird partiva sull'undicesima battuta. Appena la sezione ritmica si trovava lì dove stava, ecco Bird che si metteva a suonare in un modo che faceva sentire la ritmica come se battesse sull'1 e il 3 anziché sul 2 e il 4. Nessuno sarebbe riuscito a stargli dietro in quei giorni, tranne forse Dizzy. Ogni volta che partiva così, Max urlava a Duke di non cercare di seguire Bird. Voleva che Duke rimanesse dov'era, perché non sarebbe stato capace di ritornare dove doveva essere con Bird e avrebbe mandato a monte tutta la sezione ritmica. Duke lo faceva molte volte, quando non ascoltava Max. Vedete, quando Bird decollava per uno di questi suoi incredibili assolo, tutto quello che la sezione ritmica doveva fare era rimanere dov'era e andare via liscio. A un certo punto Bird ritornava dov'era rimasta la ritmica, perfettamente a tempo. Era come se lui avesse studiato tutto nella mente. L'unico guaio è che lui non poteva spiegarlo a nessuno. Dovevi soltanto lasciarti correre fuori la musica, perché poteva succedere qualsiasi cosa quando stavi suonando con Bird. Così imparai a suonare quello che sapevo e ad andare un po' oltre quello che sapevo. Dovevi essere pronto a tutto.» [9].

Il Charlie Parker Quintet ottenne subito un successo strepitoso e il Three Deuces divenne ancora una volta il punto d'incontro dei fanatici del Bebop. Qualche volta si univa ai cinque Fats Navarro che, secondo molti, avrebbe dovuto sostituire Miles nel complesso, ma quest'ultimo era preferito da Charlie per il colore del suono, per la capacità di amalgamarsi a tutto il gruppo e, probabilmente, perché non rivaleggiava in maniera così esplosiva con il sax, come avrebbero fatto le trombe di Dizzy o di Fat Girl (ndr. Fats Navarro).

Il quintetto di Charlie Parker effettuò la sua prima incisione per la Savoy, registrando quattro facciate: Donna Lee () [10], Chasing the Bird (), Cheryl e Buzzy (). In questi brani si può apprezzare la grande qualità del complesso, caratterizzato da una sezione ritmica (con Bud Powell, nell'occasione, al posto di Duke Jordan) morbida e lieve anche nei tempi veloci, da un Miles migliorato rispetto alla seduta di Ornithology e dal solito, straordinario Bird. Poco dopo la prima incisione il complesso (con John Lewis e Nelson Boyd al posto, rispettivamente, di Duke Jordan e Tommy Potter)  ne realizzò una seconda nella quale vennero registrati Milestone, Little Willie Leaps (), Half Nelson () e Sippin' at Bells (). Il disco che ne derivò fu il primo con Miles Davis nelle vesti di leader e si chiamò Miles Davis All Stars.
Queste due sedute per la Savoy mostrano una compattezza che non si può riscontrare in quelle effettuate sulla West Coast dove non si era mai trovato un batterista veramente all'altezza e ci presentano un Parker che, suonando con ance meno dure rispetto a quelle usate fino a quel momento, riesce ad ottenere un suono più lirico.

Il quintetto proseguì nel suo lavoro al Three Deuces (l'ingaggio fu prolungato all'infinito) con grande successo, ma questo non impedì a Parker di esibirsi, di tanto in tanto, in altri contesti. E' da ricordare il concerto che si tenne alla Carnegie Hall la notte del 29 settembre durante il quale i sentimenti contrastanti che univano Charlie e Dizzy vennero clamorosamente allo scoperto. L'attrazione principale della serata era la grande orchestra di Gillespie che continuava a mietere successi ovunque, ma gli organizzatori invitarono anche Bird per una breve apparizione con la sezione ritmica dell'orchestra e Diz. Racconta Ross Russell: «Il duo Parker-Gillespie esplose subito in un duello tromba-sax su un terreno comune: dei classici assoli come A Night in Tunisia () e A Dizzy Atmosphere (). Immediatamente sprizzarono scintille. Nell'assieme di "Tunisia" Charlie suonò uno splendido contrappunto al tema, che avrebbe certamente messo in difficoltà un musicista di livello inferiore di Gillespie. A velocità impressionante. Charlie si tuffò in un elettrizzante assolo, mentre Dizzy, non più tanto allegro, si era ritirato per raccogliere le forze. Dizzy tornò in scena con un assolo della stessa qualità, luminoso, cesellato, articolato in modo eccellente. Il duello ebbe però i suoi momenti più caldi con A Dizzy Athmosphere, presa a un tempo incredibile che lasciò il batterista Joe Harris e il pianista John Lewis disperatamente annaspanti. Parker era l'aggressore, Dizzy quello che parava i colpi. I fanatici urlavano di gioia perché lo spirito del Minton's si era trasferito alla Carnegie Hall. Il pubblico normale era sconcertato. A dispetto dell'ostilità serpeggiante, gli assoli di Parker avevano la continuità e completezza di forma che distinguevano la sua produzione migliore. Fu una delle sue notti da funambolo, una stupefacente esplosione di energia musicale. Il concerto fu registrato da uno studio situato sopra l'auditorium. Dagli acetati furono tratti controtipi "pirati", poi riversati in una serie di dischi a 78 giri per una etichetta dal nome fantasioso di Black Deuce. Intitolati A Night at Carnegie Hall - Bird and Diz in Concert, i 78 giri della Black Deuce furono venduti sotto banco nei grandi negozi di dischi. La Black Deuce non aveva indirizzo, né uffici, né una direzione tangibile. I dischi venivano ceduti ai negozi solo dietro pagamento in contanti. Alla fine le vendite furono bloccate quando parecchi dei maggiori negozi di dischi di jazz ricevettero una diffida. Le matrici originali vennero quindi comperate e "riciclate" legalmente dalla Savoy» [11].

Ross Russell, intanto, resosi conto che il suo artista in esclusiva accettava tranquillamente offerte di altre case discografiche, affidò la questione ad un avvocato. Si scoprì che Charlie aveva firmato un altro contratto con la Savoy (datato 19 novembre 1945) nel quale concedeva un'opzione per otto brani da registrare in un termine di tempo non chiarito. La Savoy, a sua volta, affermò di non sapere niente a proposito del contratto Parker -Dial e l'agenzia Moe Gale non approvò il fatto che Bird incidesse per entrambe le etichette. Billy Shaw disse a Charlie che né la Savoy, né la Dial erano in grado di distribuire i dischi in maniera adeguata al livello del musicista che avevano sotto contratto e gli promise un accordo con una casa importante. Ma un nuovo scontro tra la Federazione Americana dei Musicisti e le maggiori case discografiche suggerì a Shaw di cambiare strategia, nel timore di un blocco che si protraesse per anni, come era già successo dal 1942. Bird doveva assolutamente far uscire nuovi dischi per salvaguardare la sua figura nei riguardi del pubblico e Billy Shaw contattò Ross Russell per ottenere un contratto con la Dial. L'accordo si realizzò velocemente e Parker si trovò a dover registrare più facciate possibile prima del 30 dicembre, data di scadenza dell'accordo con il sindacato. In questo contesto Charlie effettuò le ultime tre sedute d'incisione per la Dial che, a parere di Ross Russell, furono le migliori esibizioni di Parker.Scrapple From the Apple

La prima si svolse il 25 ottobre negli studi WOR, tra la Quarantottesima e la Broadway. Lavorare con il quintetto del Three Deuces significò evitare molti problemi, in quanto il materiale da registrare era quello con cui i musicisti si cimentavano giornalmente. Non si presentarono quindi difficoltà di rilievo anche negli assiemi più difficili. Il complesso aprì con Dexterity () per proseguire con Bongo Bop () che traeva spunto dai ritmi afro-cubani e che precedette di diversi anni la moda della bossa-nova. The Hymn () fu il brano più faticoso della giornata (metronomo = 310) sulla scia del famoso Koko, e la seduta si chiuse con due motivi di grande eleganza: All the Things You Are e Embraceable You ().

La seconda seduta fu fissata per il 4 novembre e vennero incisi Bird Feathers (), (), Klactoveesedstene (), My Old Flame (), Out of Nowhere () e Don't Blame Me (). Il titolo Klactoveesedstene era stato inventato da Charlie, ma Ross Russell non riusciva a decifrarne significato e origine. Fu Dean Benedetti a spiegargli che «Klactoveesedstene? Ma, amico mio, non è altro che un suono!» [12]. In realtà Bird quasi mai dava un titolo alle sue composizioni e spesso erano i musicisti che suonavano con lui ad occuparsi di questa "formalità". In questo caso, però, fu proprio Parker ad attribuire questo strano titolo al pezzo con riferimento al particolare suono che si produceva pronunciandolo.

Dopo la seduta di Klactoveesedstene il quintetto partì alla volta di Detroit per due settimane di ingaggio all'El Sino, ma Charlie era di nuovo in condizioni fisiche precarie e, appena il proprietario del locale lo vide, il complesso fu tagliato. Scrive Miles in proposito: «Quando Bird lasciò New York era già in brutti guai. Aveva problemi a trovare eroina. Allora beveva moltissimo, esattamente come fece quella notte [13], e non riusciva a suonare. Dopo che ebbe questa discussione con il manager della sala, e dopo essersene andato, rientrò all'hotel e diede fuori di matto così tanto da sbattere il sax giù dalla finestra distruggendolo sulla strada. Billy Shaw gliene comprò un altro, un nuovissimo Selmer» [14].

Tornato a New York, Parker effettuò l'ultima incisione per la Dial. Era il 17 dicembre e per l'occasione fu scritturato anche il trombonista J.J. Johnson, strumentista dalle eccezionali capacità tecniche e musicali che ha inventò un nuovo modo di suonare il suo strumento. Fu una buona seduta. anche se Bird non era in condizioni perfette. Furono registrati Drifting on a Reed (), Charlie's Wig (), Bird Feathers (), Crazeology (), Quasimodo () e How Deep Is the Ocean ().

Per le ultime tre incisioni con la Dial Charlie aveva ricevuto in totale duemilasettecento dollari, più i diritti d'autore: non aveva mai guadagnato come in quel periodo, considerando anche l'ottimo ingaggio al Three Deuces.

Il quintetto, prima della fine dell'anno, registrò  altri quattro pezzi negli studi United Sound e Bird Incise due dischi per Norman Granz con i venticinque elementi della Neal Hefti Orchestra: The Bird () e Repetition (). Subito dopo Charlie partì per una nuova tournée con il Jazz at the Philharmonic.                                     

Secondo molti critici le migliori performance discografiche di Parker si conclusero con il 1947. E' difficile affermare con sicurezza una cosa del genere. Certo è che nel 1947 il Bebop, come detto all'inizio del capitolo, era ormai una realtà di cui tutti i jazzisti, a favore o contro, avevano dovuto prendere atto, una realtà ormai chiara nelle sue caratteristiche, e nel percorso che ha portato la «nuova musica» a muovere i primi passi all'inizio degli anni Quaranta fino alla completa definizione del linguaggio, Bird è stato il protagonista assoluto, il musicista che in ogni momento importante dell'evoluzione del Bop ha dato tutto se stesso, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista umano, visto che, come già sottolineato, è impensabile pensare a un Parker che producesse la sua musica senza essere la persona che è stata, con tutte le sue particolarità.
Si può quindi dire che Bird, probabilmente, esaurisce con il 1947 la sua straordinaria vena creativa, portando a termine quel "progetto" che dalle prime apparizioni era chiaro: rinnovare il jazz, ma Charlie, in un contesto nel quale il linguaggio bop era ormai codificato, continuerà a proporci esecuzioni di altissimo livello anche negli anni successivi.

Seguire tutte le evoluzioni degli ormai numerosissimi musicisti di Bop nel 1947 è praticamente impossibile. Bisogna tener conto che la maggioranza dei personaggi nominati in questa tesi hanno gradualmente intensificato la loro attività specifica e se in principio una jam-session con Charlie Parker o con Dizzy Gillespie poteva essere uno spunto per impadronirsi del nuovo linguaggio, ormai il Bebop era diventata «la  musica» di una folta schiera di musicisti, come se non ci fosse altro modo in cui poter suonare. Ci limiteremo a parlare dei rappresentanti "storici" della «nuova musica».

Dizzy Gillespie, come già detto, era ormai Mister Bebop. Nel mese di gennaio vinse il referendum della rivista Metronome (relativamente ai trombettisti) e immediatamente gli fu offerto dalla Victor un contratto per una serie di incisioni con la sua orchestra. Durante il 1947, tra le altre cose, Diz cominciò a sperimentare la commistione del Bop con i ritmi antillesi, con la collaborazione dell'arrangiatore Gil Fuller (Walter Gilbert Fuller: 14 apr 1920) e di Chano Pozo Gonzales (1915), un eccezionale suonatore cubano di bongos e di tamburi da conga. Il successo fu straordinario e la sua big-band inserì nel repertorio brani come Afro-Cuban drum Suite (), Manteca, Algo bueno, Tin Tin Deo, Con Alma ecc.

Il 1947 è l'anno in cui Bud Powell finalmente mostra le sue enormi qualità. Oltre alla già citata incisione con Charlie Parker e Miles Davis, Bud effettua delle registrazioni in trio, con il contrabbasso e la batteria affidati, il più delle volte, a Curly Russell e Max Roach, nelle quali emerge tutta la sua creatività. E' in questo periodo che si comincia a parlare per Powell di "stile sassofono", a sottolineare che la sua musica rappresenta una traduzione per pianoforte dello stile di Bird.

Thelonious Monk, che per un po' non è stato nominato in quanto negli anni precedenti suonò essenzialmente al Minton's e non ebbe contratti discografici di rilievo o rapporti lavorativi costanti nei locali della Cinquantaduesima Strada, nel 1947 fu finalmente preso in considerazione dai proprietari della Blue Note i quali si resero conto che non bisognava ulteriormente ignorare un musicista di tale classe. Gli offrirono un contratto e le prime incisioni furono effettuate nel mese di ottobre, con un sestetto e poi con un trio. Ne sarebbero seguite molte altre negli anni successivi con vari organici, sempre di piccole dimensioni. Le prime registrazioni furono edite nel 1948 e suscitarono grandi perplessità. Un solo critico, Paul Bacon, capì integralmente il significato della musica di Monk che non ebbe un grosso successo dal punto di vista delle vendite. Scrive Arrigo Polillo: «Ci sarebbero voluti anni prima che si capisse che Monk è essenzialmente un compositore - e un compositore geniale - e che la sua tecnica pianistica [15] è perfettamente coerente col suo stile compositivo, da cui è imprescindibile. Il guaio è che, nell'attesa del riconoscimento, Monk se la passò molto male» [16].

Fats Navarro continuava ad impressionare con i suoi straordinari assoli in puro stile bop. Al 1947 risalgono, tra l'altro, tre stupende sedute  d'incisione per la Savoy. Nella prima, effettuata il 16 gennaio (con Leo Parker, sax baritono; Tadd Dameron, piano; Gene Ramey, basso; Denzil Best, batteria), furono registrati Fat Girl (), Ice Freezes Red (), Eb Pob () e Goin' To Mintons (). Nella seconda, che risale al 28 ottobre (con Ernie Henry, sax alto; Tadd Dameron, piano; Curley Russell, basso; Kenny Clarke, batteria; Kay Penton, voce), vennero incisi A Bebop Carol (), The Tadd Walk (), Gone With The Wind e That Someone Must Be You. Nell'ultima, datata 5 dicembre (con Charlie Rouse, sax tenore; Tadd Dameron, piano; Nelson Boyd, basso; Art Blakey, batteria), fu la volta di Nostalgia (), Barry's Bop (), Bebop Romp () e Fats Blows (). Si può chiaramente notare come ci si trovi davanti a tanti nuovi brani, a sottolineare che anche le composizioni puramente bop andavano aumentando in maniera consistente.


 

Il 1949 e l'avvento del Cool Jazz 

 

Il 1948 si aprì con la notizia che Bird era in testa alle classifiche di Metronome tra i sassofonisti: finalmente anche la stampa specializzata cominciava ad apprezzare Charlie e con lui tutto il mondo del Bop (ricordiamo che l'anno prima il riconoscimento era già stato attribuito, tra i trombettisti, a Dizzy Gillespie). Anche Miles Davis e Max Roach stavano guadagnando sempre più la stima di tutti e il quintetto era sicuramente il gruppo con il più alto tasso di classe tra quelli che suonavano jazz. L'agenzia Moe Gale (Moses Galewski) procurò al complesso una serie di scritture e ingaggi sempre più interessanti e, in definitiva, Parker era finalmente un "personaggio". Si cominciò ad ascoltarlo non per divertirsi, ma con la consapevolezza che le note prodotte dal sassofono di Bird si tramutavano in «un'esperienza impegnativa, emozionante, spesso agghiacciante...» [1]. Per la gente di colore urbana della sua generazione, Charlie era un vero e proprio eroe. Era, a suo modo, un rivoluzionario, per certi aspetti precursore di Martin Luther King, Malcolm X, Eldridge Cleaver, Angela Davis, Shirley Chisholm: era riuscito nell'intento di riformare la musica senza alterarne i suoi significati più profondi.

Purtroppo, però, Parker si rendeva spesso protagonista di comportamenti poco ortodossi e uno di questi, in particolare, ebbe conseguenze gravi anche sugli ingaggi del quintetto. Scrive Ross Russell: «L'Argyle Lounge di Chicago fu teatro dell'avvenimento più scandaloso del 1948 nel mondo del jazz. Charlie aveva finito il suo numero. Appoggiò il suo sax sul piano. Poi scese dalla pedana, attraversò la sala, poi il foyer, ed entrò nella cabina telefonica, chiuse la porta, e prese a urinare per terra. Ben presto si vide uscire un ruscelletto giallo che si allargò in pozzanghera nel foyer. Lui uscì dalla cabina ridendo. Non ci furono spiegazioni né scuse. Si era liberato in modo del tutto inconscio? Oppure intendeva urinare sul pubblico, su Billy Shaw, su Dizzy Gillespie, o sul gestore dell'Argyle Lounge, o magari era troppo sulle spine per aspettare il suo turno alla toilette inadeguata e piccolissima dell'Argyle? Forse neanche lui lo sapeva» [2]. Comunque siano andate le cose, il quintetto dovette far ritorno a New York e Billy Shaw annullò tutti gli impegni fuori città spedendo il quintetto all'Onyx Club, sulla Cinquantaduesima Strada. Ma la Strada, in quel periodo, non viveva certo uno dei suoi momenti migliori e anche i rapporti tra Miles e Bird stavano gradualmente deteriorandosi. Ricorda Davis: «Più o meno in quel periodo cominciò il declino della 52° Strada. La gente continuò a venire giù ai club per ascoltare della buona musica, ma i poliziotti erano dappertutto. C'erano un mucchio di troie per la strada, così i poliziotti facevano pressione sui proprietari perché tutto filasse il più liscio possibile. La Polizia iniziò anche ad arrestare qualche musicista e un mucchio di personaggi lì fuori. La gente veniva per sentire il gruppo di Bird, ma altri gruppi non erano così fortunati. Molti di quei club sulla Strada avevano smesso di programmare jazz e si erano organizzati per degli strip tease. Anche il mondo musicale era ferito profondamente dal declino della Strada e dal proseguire del blocco delle registrazioni. La musica non sarebbe stata documentata, se non avete sentito bene nei club, be', dimenticatevela. Noi suonavamo regolarmente in diversi posti, come l'Onyx e il Three Deuces. Ma Bird faceva cazzate con i soldi di tutti quanti e questo stava facendoci andare un po' fuori di testa. Avevo per lungo tempo guardato Bird come se fosse stato una specie di dio, ma non lo vedevo più in questo modo. Avevo ventidue anni, una famiglia, avevo vinto da poco il New Star dell'Esquire per le trombe nel 1947, e avevo avuto l'ex aequo con Dizzy nel sondaggio dei critici del Down Beat. Io non mi ero montato la testa, ma cominciavo a capire che cosa io valessi musicalmente. Il fatto che Bird non ci pagasse non era giusto. Non ci rispettava e io non avevo intenzione di sopportarlo ancora» [3].

Parker, dopo la faccenda della cabina telefonica, si prese un periodo di riposo durante il quale riacquistò una condizione fisica accettabile e Billy Shaw, pur non recuperando tutte le scritture che il quintetto aveva perso fuori città, trovò un nuovo ingaggio per il complesso. Preso atto della crisi della Cinquantaduesima Strada, Shaw dirottò il gruppo sulla Quarantasettesima Strada, in un locale chiamato Royal Roost che fu il primo posto di Broadway dove si suonò jazz.

Charlie era di nvideo di John Lewis: courtesy by IAJEuovo in una forma musicale smagliante e parve un gran peccato non registrarlo. Teddy Reig (New York, 23 nov 1918  - Teaneck, NJ, 29 set 1984) propose subito di effettuare due sedute d'incisione, le ultime per la Savoy, realizzate clandestinamente in quanto era sempre in vigore l'ostracismo sindacale. Il quintetto si ritrovò nel mese di settembre negli studi Nola con due sostituti nella sezione ritmica: il bassista Curly Russell (New York, 19 mar 1917 - Queens NY, 3 lug 1986) e il pianista John Lewis (John Aaron Lewis: La Grange IL, 3 mag 1920 - 29 mar 2001) (). Furono registrati Barbados (), Ah-Leu-Cha (), Constellation (), Parker's Mood (), Perhaps (), Marmaduke (), Klaunstance e Bird Gets the Worm. Il risultato di quest'ultimo lavoro per la Savoy fu, ancora una volta, esaltante. In particolare vanno segnalati Ah-Leu-Cha nel quale Bird sperimenta ulteriormente quei modi contrappuntistici già usati in Chasin' the Bird, e Parker's Mood che è assolutamente all'altezza dei suoi blues classici come Hootie Blues, Slam Slam Blues, Now's the Time, Cool Blues, Relaxin' at Camarillo.

Quando i contrasti tra il sindacato e le case discografiche si placarono, in novembre, Billy Shaw firmò per Parker un contratto per la Mercury della durata di un anno. La Mercury era una sussidiaria della Metro-Goldwin-Mayer per la quale lavorava Norman Granz nelle vesti di curatore del Jazz. Si decise di utilizzare Bird in un contesto differente: visto che in quel momento la musica afro-cubana stava ottenendo un notevole successo, Granz ingaggiò per l'occasione la Machito Orchestra (Frank Raul Grillo: Havana, Cuba 16 feb 1912 - London, 15 apr 1984), band che trionfava al Palladium Ballroom (il paradiso della rumba), e utilizzò Charlie come solista per registrare No Noise () e Mango Mangue (). I dischi vennero lanciati sul mercato con la formula «Charlie Parker suona a sud del confine» e riscossero un buon successo. Le esecuzioni furono sicuramente interessanti, ma molti fan di Bird rimasero delusi da questa operazione: preferivano il Parker che decideva di persona i temi da suonare, le persone che componevano i suoi gruppi, gli agenti con cui lavorare.

Subito dopo l'uscita dei primi dischi per la Mercury, Norman Granz portò di nuovo Charlie in tournée con Jazz at the Philharmonic. Bird sarebbe tornato al Royal Roost  il 10 dicembre, ma il quintetto ormai era in grossa crisi: Al Haig aveva sostituito Duke Jordan al piano e Miles Davis non parlava quasi più con Bird. Sarebbero passati solo pochi giorni e, la settimana di Natale, le tensioni interne del gruppo si scatenarono in maniera irreversibile. Durante la stessa notte, dopo l'ennesima arrabbiatura, Miles e Max Roach lasciarono il gruppo per non tornare più. In quel momento cessava di esistere uno dei gruppi di Bebop più affascinanti, complesso nel quale le grandi personalità di Parker, Davis e Roach avevano contribuito ad affinare definitivamente quel linguaggio che, dalle prime jam-session del Minton's, aveva fatto dei passi da gigante.

Charlie continuò comunque a suonare in quintetto sostituendo Miles con McKinley "Kenny" Dorham (McKinley Howard Dorham: Fairfield, TX, 30 ago 1924 - New York, 5 dic 1972), trombettista dalla non straordinaria creatività, ma solido, e Max Roach con Joe Harris (Detroit, 1926), batterista già attivo nell'orchestra di Dizzy Gillespie molto più adatto a suonare in big-band che in un piccolo complesso. La fine dell'anno, però, non portò solo delusioni a Parker: per il secondo anno consecutivo era in testa alle classifiche di Metronome, a conferma di una credibilità artistica e di una notorietà ormai indiscutibili. Ultimo evento del 1948, per Bird, fu un ingaggio come primo sax-alto nella orchestra di all-stars che avrebbe inciso un disco speciale per la RCA Victor il 3 gennaio 1949 con un organico di primissima qualità:

Dizzy Gillespie, Miles Davis, Fats Navarro, trombe
J.J. Johnson
, Kai Winding, tromboni
Buddy de Franco
, clarinetto
Charlie Parker
, sax alto
Charlie Ventura
, sax tenore
Ernie Caceres
, sax baritono
Lennie Tristano
, piano
Billy Bauer
, chitarra
Eddie Safranski
, basso
Shelly Manne
, batteria
Pete Rugolo
, direttore

La «Metronome All-Stars» incise due facciate,  e fu fotografata, per motivi pubblicitari, con tutti i suoi componenti seduti dietro leggii sui quali erano scritti i nomi dei musicisti a lettere cubitali: i «rivoluzionari» del Bebop erano entrati prepotentemente nel mondo della musica commerciale.

La grande orchestra di Dizzy Gillespie nel 1948 varcò l'Atlantico per una tournée in Europa che se da una parte ebbe un esito disastroso dal punto di vista economico ed organizzativo, dall'altra offrì a Diz le migliori soddisfazioni di quel periodo. La prima tappa fu in Svezia, paese dove il Bop aveva già fatto una prima apparizione con un piccolo complesso guidato da Chubby Jackson (Greig Stewart Jackson: New York, 25 ott 1918), contrabbassista seguace di Oscar Pettiford. La tournée avrebbe dovuto essere piuttosto lunga, ma una serie di contrattempi stava costringendo i musicisti a riprendere la strada degli Stati Uniti se non fosse arrivato un provvidenziale invito per la band dalla Francia. L'orchestra suonò in tre occasioni alla Salle Pleyel di Parigi e diede altri concerti nel Sud. Nella grande sala da concerto parigina la compagine di Gillespie traumatizzò letteralmente il pubblico, ma i musicisti e gli intenditori esultarono. Scrisse Hubert Fol: «Dizzy, in abito di gabardine chiaro, coi suoi occhiali cerchiati di nero sul naso e il famoso ciuffo di peli sul labbro inferiore, è davanti ai suoi quindici musicisti in giacca granata, pantaloni da smoking e larghe cravatte a farfalla i cui lembi ricadono sulle camicie. Immediatamente egli attacca un pezzo veloce, dirigendo l'orchestra con tutto il suo corpo: e la potenza che si sprigiona dall'orchestra è tale da sbalordire. Voi siete inchiodati sulle vostre poltrone, ma i musicisti si muovono con una sconcertante disinvoltura in arrangiamenti difficili, messi a punto in modo ammirevole. Dizzy è sempre in movimento, e non si ferma neppure quando un solista prende un assolo: Danza, salta, marcia, e ciascuno dei suoi gesti ha un preciso significato. Dizzy dirige in modo straordinario, ed è stupefacente vederlo muovere sulla scena, indicando e sottolineando ogni minimo particolare. Poi, improvvisamente, si arresta: si esibisce con un'inenarrabile mimica per qualche istante e sparisce fra le quinte, per tornare a comparire alla fine di un assolo per rilanciare la intera orchestra in un brano arrangiato; poi solleva le braccia, le lascia ricadere di colpo e tutto è finito. Allora si avanza verso il microfono e ringrazia gli spettatori alternativamente in francese e in inglese con una calma incredibile, sospirando dentro il microfono ed esitando come se non sapesse quale pezzo suonare. Poi, in un soffio, annunzia il titolo del pezzo seguente, dopo aver detto una frase come questa: "And now, by special request from the band and myself..." (Ed ora, a richiesta particolare mia e della mia orchestra...). Si volta e con un gesto rapido e molle fa ripartire l'orchestra. Quando prende un chorus resta immobile e suona delle lunghe frasi spesso ricercatissime ritmicamente e melodicamente, ma costruite con una logica ed eseguite con una sicurezza veramente ammirevoli. Di tanto in tanto si posa su una di quelle note bizzarre che sa introdurre con tanta genialità; tutto questo con una calma e una facilità che stupiscono. Dizzy interpreta la musica come la sente, e suona molto spesso con grande ispirazione. Io credo che, a meno di essere in malafede, sia impossibile, dopo averlo visto suonare e dirigere la sua orchestra, non essere convinti della sua profonda sincerità» [4].

Da questa corrispondenza di Hubert Fol emerge una delle caratteristiche che differenzia Gillespie dagli altri alfieri del Bebop: Dizzy era un vero showman, un personaggio che sapeva accattivarsi le simpatie del pubblico, bianchi o neri che fossero, era il musicista ideale per far conoscere la «nuova musica» anche alle platee più prevenute. Ricorda Arrigo Polillo (Pavullo nel Frignano MO, 12 lug 1919 - 1984): «Anche coloro che, fino da allora, avevano capito che il più dotato esponente di quel nuovo jazz a cui era stato dato il nome di Bebop era Charlie Parker, e non Dizzy, consideravano quest'ultimo il pubblico portabandiera, l'uomo che meglio li rappresentava all'esterno del loro gruppo, che simboleggiava il "bop cult", per usare un'espressione allora corrente. I giornalisti, poi, per cui il Bebop era soprattutto, o soltanto, un divertente e bizzarro fatto di costume, non conoscevano altri che lui. Parker, lunatico, aggressivo, non era altrettanto simpatico, e non faceva notizia. Furono proprio il carattere fondamentalmente allegro, l'esuberanza vitale, il senso dell'umorismo, l'intelligenza vivace e realistica, che permisero a Dizzy di superare meglio di ogni altro musicista del suo entourage le difficoltà che il Bebop, di cui era stato uno dei creatori, incontrò lungo il suo cammino, e di evitare poi la sorte tutt'altro che lieta, e in qualche caso tragica, di molti di loro» [5].

Nel corso dei sopracitati concerti parigini l'orchestra di Gillespie presentò il meglio del suo repertorio e molti brani vennero incisi proprio durante la permanenza in Francia e pubblicati dalla Vogue e, dopo ventitré anni, dalla Prestige. Tra i pezzi più significativi della big-band di Dizzy in quel periodo vanno segnalati: Toccata for Trumpet and orchestra, Two bass hit (entrambe composizioni di John Lewis), Stay on it, Good bait (ambedue di Tadd Dameron), 'Round about midnight, All the things you are, Groovin' high e due divertenti brani adatti per il vocalizzo scat: Oop-pop-a-da e Ool-ya-koo.

Al ritorno dalla tournée europea (importante anche perché diede il via a una serie di viaggi di musicisti di Bop in Europa che consentirono lo sviluppo di questa musica anche dall'altra parte dell'Atlantico), la compagine di Gillespie trovò ad attenderla, sulla banchina del porto di New York, più di cento fans, tutti muniti di berretto, occhiali e di un ciuffetto di peli sul labbro inferiore, in onore di Mister Bebop.

I due pianisti "storici" del Bebop vissero nel 1948 momenti non brillantissimi. Thelonious Monk proseguì ad incidere per la Blue Note, ma la sua musica continuava ad essere capita da pochi. In questo contesto Monk si trovò, ancora una volta, ad avere gravi difficoltà dal punto di vista lavorativo, tanto che proseguì a suonare saltuariamente in locali di quart'ordine. Bud Powell trascorse quasi tutto l'anno in ospedale, a Long Island. Ricoverato alla fine del 1947, fu sottoposto ad una cura di elettroshock che non gli giovò molto, procurando quei problemi alla memoria che mineranno definitivamente la sua salute e che non gli consentiranno, negli anni a venire, di suonare sempre ai livelli straordinari dei quali era capace.

Miles Davis, in concomitanza con la sempre più frammentaria attività del quintetto di Parker, nel 1948 inizia realmente la sua attività di leader che lo porterà, nel giro dello stesso anno, a dare una svolta a tutto il mondo del jazz. Miles organizzò un altro gruppo da portare al Royal Roost, un complesso composto da musicisti "moderni" che in breve si sarebbe allontanato dal puro Bop, ormai di casa nel locale di Broadway, andando alla ricerca di nuove sonorità. Scrive Davis: «C'erano con me Max Roach, John Lewis, Lee Konitz (Chicago, 1 ott 1927) [6], Gerry Mulligan (Gerald Joseph Mulligan: New York, 6 apr 1927 - Darien, CT, 20 gen 1996) [7], Al McKibbon (1919) al basso e Kenny "Pancho" Hagood come vocalist. C'erano anche Michael Zwerin al trombone, Junior Collins al corno francese e Bill Barber alla tuba. Avevo cominciato a lavorare con Gil Evans qualche tempo prima di questo fatto e lui mi aveva messo in piedi dei buoni arrangiamenti. Gil aveva smesso di arrangiare per il gruppo di Claude Thorhill nell'estate del 1948. Aveva sperato di poter scrivere e arrangiare per Bird. Ma Bird non aveva mai tempo di ascoltare quello che Gil faceva, perché, per Bird, Gil era semplicemente il tipo che riusciva a procurargli un buon posto dove mangiare, bere, cagare ed essere soprattutto vicino alla 52° Strada, almeno fintanto che Gil tenne l'appartamento che aveva proprio lì. Finalmente Bird sentì la musica di Gil, l'apprezzò molto. Ma a quel punto era Gil che non voleva più lavorare con Bird. Gil e io avevamo ormai cominciato a lavorare assieme e tutto ci stava andando davvero bene. Io stavo cercando un modo in cui poter fare i miei assolo in uno stile che mi si confacesse di più. La mia musica infatti era un po' più lenta e non intensa come quella di Bird. Ero molto eccitato dalle mie conversazioni con Gil su come sperimentare una voce più sottile dello strumento. Così Gerry Mulligan, Gil e il sottoscritto cominciammo a vedere come si poteva mettere insieme quel nuovo gruppo. Noi pensavamo che il numero giusto fosse nove. Gil e Gerry avevano già deciso quali dovessero essere gli strumenti della band prima che io entrassi veramente nell'idea di discutere operativamente la questione. Però la prima idea, il senso della musica, bene, quella era mia. Affittai un posto per provare, organizzai le sessioni e feci in modo che tutto funzionasse. Mettevo insieme queste stronzate con Gil e Gerry dall'estate del 1948 fino a quando non arrivammo a registrare in gennaio e nell'aprile del 1949 e poi ancora nel marzo del 1950. Riuscii a tirar su anche qualche lavoro per noi e stabilii contatti con la Capitol Records per le registrazioni. Ma lavorare con Gil mi spingeva a darmi da fare pesantemente con la composizione. Suonavo i miei pezzi a Gil al pianoforte nel suo appartamento. Mi ricordo di quando cominciammo a mettere insieme il gruppo e io volli Sonny Stitt (Edward Stitt: Boston, 2 feb 1924 - Washington, 22 lug 1982) al sax alto. Sonny aveva delle sonorità molto simili a quelle di Bird, così pensai immediatamente a lui. Ma Gerry Mulligan voleva Lee Konitz perché aveva un suono più leggero di quello che era il Bebop duro. Lui si sentiva sicuro che questo tipo di suono sarebbe stato quello che ci avrebbe reso diversi dagli altri e avrebbe reso diverso anche il nostro album. Gerry era sicuro che con me, Al McKibbon, Max Roach e John Lewis nello stesso gruppo, tutti quanti arrivati dal Bebop, c'era il rischio che ci trovassimo a fare la solita vecchia roba ripetendoci ancora, così fui d'accordo con lui e presi Lee Konitz.
Max si trovava bene con Gil, con Gerry e con me lì da Gil, doveva venire anche John Lewis, così tutti sapevano che cosa volevamo fare. Anche Al McKibbon. Volevamo prendere con noi pure J.J. Johnson, ma era a zonzo con la band di Illinois Jacquet, così pensai di prendere Ted Kelly che stava suonando il trombone con la band di Dizzy. Ma era troppo occupato e non poteva. Così ci arrangiammo con un tizio bianco, Michael Zwerin, che era più giovane di me. L'avevo incontrato al Minton's una notte: stava lì a suonare in jam con noi e gli chiesi se voleva fare una prova con noi il giorno dopo allo studio Nola. Lui venne, fece bene e lo prendemmo nella band.
Vedete, tutta questa idea iniziò come una specie di esperimento, un esperimento di collaborazione fra musicisti. Poi un mucchio di musicisti neri cominciò ad arrivarmi lì a dirmi di non avere lavoro, e mentre loro non avevano lavoro, io andavo ad assumere tizi bianchi per la mia band. E io cosa potevo dirgli? Che se qualcuno di loro suonava bene come Lee Konitz (perché era per lui che si incazzavano di più, visto che c'erano parecchi suonatori neri di sax alto che non avevano lavoro in quel periodo) l'avrei preso immediatamente e non me ne sarebbe fottuto un cazzo se fosse stato verde con il petto rosso. Io assumevo qualsiasi figlio di puttana per suonare e non per vedere di che colore fosse. Quando dissi loro questo, la maggior parte smise di rompermi i coglioni. Ma ce ne furono alcuni che rimasero molto incazzati con me.
Ad ogni modo Monte Kay ci assunse per due settimane al Royal Roost. Quando cominciammo lì al Roost, convinsi il club a mettere fuori un cartello che diceva:
"Nonetto di Miles Davis; arrangiamenti di Gerry Mulligan, Gil Evans e John Lewis". Dovetti litigare disperatamente con il proprietario del Roost, Ralph Watkins, per convincerlo. Non voleva fare una cosa del genere perché diceva che era troppo per lui pagare nove figli di puttana quando poteva pagarne cinque. Ma Monte Kay gli spiegò la faccenda. Non mi piaceva troppo Watkins, ma lo rispettavo per averci dato la chance che ci diede. Suonammo al Royal Roost per due settimane verso la fine di agosto e poi nel settembre del 1948, prendendo il secondo set dopo l'orchestra di Count Basie.
C'era un mucchio di gente che pensava che le cazzate che suonavamo fossero davvero strane. Mi ricordo Barry Ulanov della rivista Metronome: lui era un po' confuso dalla musica che suonavamo. Count Basie ci ascoltava tutte le notti quando ci alternavamo io e lui e gli piaceva quella musica. Lui mi disse che era
"lenta e strana, ma buona, davvero buona". C'erano anche parecchi altri musicisti che venivano a sentirci e che apprezzavano quello che facevamo e fra questi c'era anche Bird. Soprattutto ci fu Pete Rugolo della Capitol Records che apprezzò moltissimo quello che gli facemmo ascoltare e mi domandò se volevamo suonare per lui per la Capitol quando fosse terminata la protesta contro le registrazioni.
Verso la fine di settembre portai ancora un altro gruppo al Roost, con Lee Konitz, Al McKibbon, John Lewis, Kenny Hagood e Max Roach. Symphony Sid trasmise quella serata e la registrò, così ci fu finalmente una prova registrata di quello che suonavamo. Era un gruppo davvero forte. Ci andammo giù duro quell'unica volta in cui suonammo assieme, capite? Max soprattutto diede moltissimo.
Ma più o meno in quel periodo, Gil si spense musicalmente, non riusciva a scrivere più di otto battute la settimana. Finalmente si riprese, scrisse un pezzo che si chiamò Moon Dreams e qualcosa per Boplicity, un tema finito poi nel disco Birth of the Cool. L'album Birth of the Cool saltò fuori da alcune delle session che avevamo fatto per provare a suonare come la band di Claude Thornhill (Terre Haute, IN, 10 ago 1909 - New York, 1 lug 1965). Volevamo quelle sonorità, ma la differenza era che noi la volevamo più piccola possibile. Io dicevo che doveva essere il suono di un quartetto, con soprano, alto, baritono e basso. Noi avevamo invece tenore, mezzo alto e mezzo basso. Io ero la voce soprano e Lee Konitz era l'alto. Avevamo un'altra voce con un corno francese e poi il baritono che era un basso tuba. Avevamo un alto e un soprano, io e Lee Konitz. Ogni tanto usavamo anche il corno francese per i toni alti e il sax baritono e il basso tuba per il basso. Io consideravo il gruppo come se fosse un coro, un coro che era e doveva essere un quartetto. C'era un mucchio di gente che metteva il sax baritono come basso nella parte più bassa della partitura, ma non è uno strumento basso come lo è una tuba. Io volevo che gli strumenti suonassero come le voci umane e lo facevano.
Gerry Mulligan ogni tanto doveva raddoppiare con Lee o altre volte con me o Bill Barber, che era sempre nella parte più bassa della basso tuba. Qualche volta saliva di registro e qualche volta facevamo in modo che fosse lui a portare su il sound. E funzionava [...].
Birth of the Cool divenne presto un pezzo da collezionisti, credo che sia stata una sorta di reazione alla musica di Bird e Diz. Bird e Dizzy suonavano queste stronzate velocissime, e se voi non eravate tanto rapidi ad ascoltare non potevate sentire gli umori e i feeling della loro musica. Il loro sound non era dolce e non avevano delle linee armoniche da poter canticchiare facilmente per la strada a passeggio con la vostra ragazza mentre cercavate di baciarla. Il Bebop non aveva la stessa umanità di Duke Ellington. E non era nemmeno così riconoscibile. Bird e Diz erano grandi, fantastici, però non erano dolci. Ma Birth of the Cool era differente perché potevate sentire tutto quello che succedeva e canticchiarlo anche.
Le radici di
Birth of the Cool sono quelle della musica nera, da Duke Ellington. Stavamo cercando di avere il suono di Claude Thornhill, ma lui a sua volta aveva preso da Duke Ellington e Fletcher Henderson. Anche Gil Evans era un grande ammiratore di Duke e di Billy Strayhorn
[8] e Gil era l'arrangiatore di Birth of the Cool. Sia Duke sia Billy facevano quegli sdoppiamenti sopra gli accordi come facevamo noi in Birth. Sentivi sempre Duke farlo e lui costringeva i suoi ragazzi a realizzare quel suono che era inevitabile riconoscere. Se suonavano da soli nella band di Duke, potevi immediatamente riconoscerli e dire chi fossero dal suono che producevano. E se erano in sezione potevi ancora capire chi fossero dal timbro della voce. Mettevano la loro personalità negli accordi che realizzavano.
E questo è quello che noi facemmo in
Birth. E penso sia per questo che ebbe successo. Anche la gente bianca poteva apprezzare la musica che riusciva a capire, quella musica che potevano ascoltare senza diventare scemi. Il Bebop non arrivava da qualcosa a loro familiare e così era molto difficile per la maggior parte di loro ascoltare quel che si faceva suonando. Era una musica completamente nera. Ma Birth non era soltanto orecchiabile, c'erano anche dei bianchi che suonavano e avevano anzi dei ruoli importanti. E questo ai critici bianchi piaceva molto. Piaceva l'idea che sembrasse importante che avessero un ruolo preminente in quello che si stava facendo. E' un po' come se qualcuno ti stringeva la mano con più convinzione. Colpivamo l'orecchio di chi ci ascoltava in un modo un po' più leggero di Diz e Bird, tenevamo la musica un po' più sui binari principali e questo era tutto»
[9].

Con il suo linguaggio colorito, Miles ci racconta la nascita del suo nonetto e, di conseguenza, del Cool-jazz, «ovvero jazz freddo, anzi fresco, calmo, distaccato, imperturbabile. (Cool è un aggettivo dai molti significati nel gergo del jazz: può voler dire anche "ottimo", e persino "tutto bene". Non per niente era stato era stato introdotto fra i jazzman da Lester Young, a cui il gergo degli hipster deve alcune colorite espressioni»
[10]. Per rintracciare le prime manifestazioni di questa nuova corrente jazzistica bisogna risalire al 1946 e prestare attenzione all'opera di tre differenti gruppi di musicisti facenti capo, rispettivamente, a Lennie Tristano, all'arrangiatore Gene Roland (Dallas, TX, 15 set 1921 - New York, 11 ago 1982) ed al pianista e compositore Dave Brubeck (allievo di Darius Milhaud attivo a San Francisco), ma Miles, insieme ai suoi collaboratori, fu colui che nel 1948 diede una reale scossa al mondo del jazz con il suo nonetto.

L'avvento del Cool-jazz è la dimostrazione che in quel momento certi esperimenti erano necessari per andare alla ricerca di nuove strade. Il linguaggio del Bebop, come già detto nel capitolo precedente, era ormai codificato e per i musicisti non restava che sfruttare questo patrimonio nel miglior modo possibile , ma l'esigenza di trovare sonorità e fraseggi diversi, l'intervento in quegli anni più determinante dei bianchi per le sorti del jazz moderno, portarono agli esperimenti che ci ha descritto Miles.

I musicisti "storici" del Bebop continueranno ad offrirci anche negli anni successivi esecuzioni straordinarie nel loro stile, ma qualcosa nel contesto che li circondava era cambiato. Ricorda Arrigo Polillo: «La musica dei boppers era difficile e, passato il primo momento di curiosità, la gente smise di seguirla. Neppure i bianchi che si dedicarono al nuovo jazz riuscirono a farsi accettare dal grosso pubblico: non ci riuscirono Boyd Raeburn e George Auld, le cui grosse orchestre furono le prime bianche a fare del Bebop, e non ci riuscì nemmeno il tenorsassofonista Charlie Ventura (Charles Venturo: Philadelphia, PA, 2 dic 1916  - Pleasantville, NJ, 17 gen 1992), che pure tentò di fare un "Bop for the people" (questo era lo slogan), sperimentando un'ingegnosa formula in cui le parti strumentali si fondevano piacevolmente con le parti vocali affidate a Roy Kral e a Jackie Cain. A conti fatti, quello che ottenne il miglior successo e anche i risultati più brillanti, fra i bianchi, fu Woody Herman, con quella grande orchestra che sarebbe passata alla storia del jazz come il "secondo gregge" (il "primo" fu la formazione del 1945-46). Anche Herman comunque dovette sciogliere la sua formazione, nel 1949: i tempi erano davvero grami.
Intorno al 1950 il piccolo mondo dei boppers negri era quasi alla disperazione. Si salvava Dizzy Gillespie, un uomo equilibrato che ha trovato il modo di comunicare col pubblico e di divertirlo pur facendo quasi sempre della musica eccellente, si salvò, ancora per breve tempo, Parker, che cominciò a esibirsi con un'orchestra d'archi, e si salvarono pochi altri, ma i più conducevano una vita misera. Non solo a causa dell'indigenza e della frustrazione che derivava dall'incomprensione del pubblico per la loro musica, ma anche per colpa delle droghe - quelle "dure", che sconvolgono la mente e uccidono -, che fra loro erano molto diffuse. Per causa delle droghe i migliori talenti del nuovo jazz bruciarono la loro esistenza nel giro di pochi anni: Parker, che morirà meno che trentacinquenne nel 1955; Bud Powell che fu internato per la prima volta in manicomio nel 1947 a ventitré anni, iniziando così un calvario che si sarebbe concluso soltanto con la sua morte; Fats Navarro, ucciso dall'eroina a ventisette anni; Tadd Dameron e Gene Ammons, che trascorsero lunghi anni in carcere dopo essere stati condannati più volte per uso di stupefacenti, e l'elenco potrebbe continuare a lungo.

 


 

 

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